I Pokémon entrarono nelle nostre vite ufficialmente nel 1996 a partire dal Giappone, da quel giorno una cascata di esperienze a tema Pokémon ci ha conquistati e condotti fino al grande mare dei videogiochi e, da qualche tempo, all’oceano del cinema. Con Pokémon: Detective Pikachu si apre una nuova fase del franchise che vuole conquistare giovanissimi e appassionati di lunga data.
La trama
La storia che Pokémon: Detective Pikachu (nelle sale dal 9 maggio) vuole raccontare è una di quelle semplici e lineari in grado di far appassionare i bambini ma se si scava sotto la superficie si riesce a intravvedere una certa quiantità di materiale su cui anche i più grandi possono lavorare. Tim (Justice Smith) vive lontano dai Pokémon e da suo padre. Lui, per una ragione ben precisa, non vuole avere a che fare coi Pokémon e neanche questi fremono dalla voglia di avere a che fare con lui.
La scomparsa di sua madre quando era bambino, e la scelta di non seguire suo padre trasferitosi in un’altra città, lo hanno relegato a fare il consulente assicurativo in una piccola cittadina di campagna dove il torpore della vita quotidiana lo ingabbia e lo coccola nelle sicurezze.
La notizia della scomparsa di suo padre, però, cambia tutto. Tim decide di andare a Ryme City, dove suo padre faceva il detective, per prendere gli oggetti appartenuti al padre e chiudere l’appartamento in cui viveva. La città (Londra), resa splendidamente grazie alla commistione di elementi reali e di computer-grafica, è l’unico luogo in cui uomini e Pokémon vivono gli uni accanto agli altri in una quasi totale eguaglianza.
Ogni Pokémon è assegnato all’attività che più gli si addice: gli Squirtle insieme ai pompieri, i Pidgey porta-lettere ecc.., ma soprattutto qui i Pokémon non vengono fatti combattere e in effetti, all’inizio, il focus del film è proprio sulla non-violenza e sulla necessità di trattare i simpatici esseri al pari di animali senzienti.
Una volta in città, Tim troverà il partner di suo padre, un Pikachu molto particolare (in inglese doppiato da Ryan Reynolds) che metterà in dubbio la morte di Harry, suo padre. Parte da qui un’avventura nella quale il ragazzo e Pikachu affronteranno numerosissime peripezie, difficoltà e piccole gioie, costruendo il loro rapporto e scoprendo che Ryme City non è quel paradiso che tutti credono sia. Una grande ombra incombe sulla città, un gas nervino viola (il gas R) viene spacciato di nascosto e fa impazzire i Pokémon, rendendoli violenti. Volenti o nolenti saranno proprio i nostri due eroi a ergersi fra la vita e la morte della città.
I difetti
Di sicuro i più piccoli apprezzeranno Pokémon: Detective Pikachu e probabilmente diventerà anche uno dei loro film preferiti, ma l’occhio indagatore degli adulti non può non mettere sotto la lente di ingrandimento alcuni difetti di trama e piccole incongruenze che, più che far storcere il naso, intristiscono per alcune possibilità sprecate e non sviluppate con le quali il film avrebbe potuto spiccare in mezzo a tanti (spesso pessimi) live-action sui personaggi degli anime o dei videogiochi.
Tanto per cominciare Tim instaura un rapporto di amicizia con Lucy, una aspirante giornalista in cerca di una grossa storia che faccia spiccare il volo alla sua carriera alla CNN, che presto prende le tinte dell’amore; la doccia fredda arriva quando, proprio sul più bello, Lucy di fatto scompare dal film e dalla vita di Tim con un semplice “Ci vediamo stasera” che la cinepresa però non mostrerà mai per il resto del film.
In un’altra scena vediamo un possente Mewtwo, intorno al quale l’intera vicenda gira, nascondersi per tutto il film, dopo essere fuggito da un centro di ricerca, e poi palesarsi a Tim e Pikachu per aiutarli nella loro impresa. Addirittura, nel finale, la sua presenza sarà determinate. La domanda è: se il potere di Mewtwo era così grande per quale motivo il film fa precipitare una situazione che poteva essere facilmente risolta?
In un’altra scena vedremo dei Torterra giganti (e per giganti, fidatevi, intendiamo proprio giganti, mettere in seria difficoltà i nostri protagonisti salvo poi tornarsene a cuccia sereni e tranquilli come se nulla fosse successo. Si tratta, in questo caso, di un elemento che costruisce una tensione innecessaria e che se di sicuro è in grado di colpire i bambini potrebbe già sembrare ridicola agli adolescenti.
Quel che poteva essere (e non è stato)
Pokémon: Detective Pikachu poteva essere molto di più se avesse chiarito fin da subito quale era il suo target di riferimento. Porre un protagonista ventenne all’interno di un’azione dai toni infantili non è il giusto modo di accaparrarsi i favori di grandi e piccini. E siamo sicuri che anche i piccoli abbiano uno o due conti che non gli tornano in merito al film. Siamo davanti a un’opera cinematografica che non sceglie da che parte stare. Le battute di Ryan Reynolds versione Pikachu sono taglienti e nella grande maggioranza dei casi comprensibili a un solo pubblico adulto ma l’intera vicenda si muove su binari molto infantili e queste due direttrici cozzano per tuto il tempo fino a lasciare un senso di indecisione nella mente dell’adulto. Fortuna che Pikachu e la sua pelosa e soffice realizzazione alzano un pochino il livello di un film che rischia di essere mediocre.