“Nun ve preoccupate, non è un cinepanettone”
Queste le parole del sempre geniale e vulcanico Christian De Sica, introducendo al pubblico presente alla premiere – noi di Moviesource inclusi – Poveri ma Ricchi, quasi a voler esorcizzare la nomea di qualsiasi produzione italiana in uscita a ridosso del periodo delle festività invernali. Certo, Poveri ma Ricchi non è letteralmente un cinepanettone; non è ambientato a Natale per esempio e fa un po’ meno ricorso a belle ragazze e flatulenze per far sganasciare il suo pubblico target. Tuttavia, l’hashtag stesso della casa di produzione e la presenza del Christianone nazionale non possono esularci dal chiamarlo comunque un classico “Film di Natale”. Remake di un’opera francese, Poveri ma Ricchi vede l’esordio del talentuoso regista Fausto Brizzi (Ex, Notte prima degli esami) nel campo della commedia vera e propria, dove non più si vuole raccontare una storia d’amore (che c’è, non vi preoccupate…) ma le vicende spiritose di una famiglia, quella dei Tucci, che dal paesino di Torresecca ci travolge con la sua carica di luoghi comuni e anche, sì, perché no, simpatia.
Il paradiso all’improvviso?
Poveri ma Ricchi narra la storia di una famiglia di gente semplice, abitanti di uno sperduto e arretrato paesino del Lazio; padre, madre, due figli, una nonna e uno zio disoccupato, questo nucleo familiare vive felice come può, approfittando dei piccoli piaceri della vita. La preoccupazione maggiore di Danilo, il capofamiglia (De Sica) è quella della riuscita dei supplì, mentre lo zio Marcello (Brignano) passa il suo tempo di perito agrario nel giardino di casa, a creare ibridi vegetali dai risvolti comici. La svolta, per i Tucci, arriva un giorno, appena dopo le previsioni del tempo.
Loredana (Ocone), la vulcanica mater familiae, gioca ogni settimana i numeri delle date di nascita delle persone più influenti nella sua vita: Papa Francesco e Al Bano. Manco a dirlo, tutti seduti a tavola, la notizia sconvolgente: i Tucci hanno vinto 100 milioni di euro al lotto e sono improvvisamente ricchi. Ricchi sfondati e senza idea di come vivere con una cifra del genere, per di più in un piccolo paesino dove tutti sanno tutto di tutti ed è impossibile tenere un segreto. Dopo i primi, assurdi, tentativi della famiglia di tenere la notizia nascosta, ovviamente la questione diventa di dominio pubblico e per i Tucci non c’è altra soluzione che emigrare a Milano (“in Europa”, così come pensa Marcello), per andare a vivere dove “vivono tutti i ricchi” ed entrare nel jet-set della città meneghina.
Una storia come tante, ma anche nel miglior senso della parola
È qui che le vicende di Poveri ma Ricchi prendono davvero piede, con le drammatiche e deliranti situazioni di questo gruppo di “burini” che invade l’alta classe milanese, sperperando soldi a destra e a manca. L’unico a non godersi la situazione è Marcello, che si innamora di una ragazza (Lodovica Comello) alla quale non vanno a genio le persone facoltose, vedendosi costretto a nasconderle la vincita. Da quel momento in poi l’equilibrio tra le due vite del personaggio di Brignano prende il centro della situazione, lasciando inizio ed epilogo più concentrati su un sempre spumeggiante De Sica.
Poveri ma Ricchi ha un intreccio molto semplice e sicuramente alcuni personaggi e situazioni risultano fin fastidiose e troppo reminiscenti di un cinema italiano che certamente non fa bene al nostro paese, ma nel complesso questo simpatico esperimento di Brizzi ci ha fatto spesso sorridere e a volte anche ridere. Il che è quello che basta, per far passare un’oretta e mezza di divertimento alle persone, scherzando sui problemi dell’Italia, sui luoghi comuni e dando l’opportunità di riflettere, insegnare qualcosa e uscire dal cinema più felici di prima di essere circondati dalle persone che si amano.
Una menzione finale, in un film che non si fa notare particolarmente per picchi né troppo negativi né positivi, per due attori: una per l’estroso Ubaldo Pantani (di scuola Gialappa’s come la Ocone) nel ruolo del maggiordomo Gustavo e l’altra, principalmente alla carriera, alla mai troppo lodata Anna Mazzamauro, qui isterica nonna innamorata di Gabriel Garko ma conosciuta da tutti per il suo ruolo di “conturbante” Signorina Silvani di Fantozziana memoria. Il momento più bello in sala è stato lo spontaneo applauso scaturito dopo una dimostrazione del suo patentato “sbaciucchio” che fece innamorare l’ingegnere più sfortunato d’Italia e che qui fa da contorno a una commedia dalle poche pretese, ma in grado di intrattenere dignitosamente, senza scadere nel ridicolo o nel triviale.