Sesto capitolo per la risorta Prison Break: su Fox è andato in onda Phaeacia, episodio da titolo e contenuto decisamente omerici, che ha fornito qualche altro elemento per far speculare i fan.
Phaeacia è infatti il luogo in cui è stanziata un’isolata comunità yemenita, sulla riva del mare e al riparo dall’ISIL, ispirata alla popolazione presso la quale l’alter ego epico di Scofield trova riparo dopo un rovinoso naufragio; non per niente vediamo Michael-Ulisse accecare l’unico occhio rimasto a Cyclops-Polifemo (Amin El Gamal) dopo una folle corsa nel deserto e ricongiungersi ai compagni, già arrivati alla meta, avvelenato e morente.
A rendere interessante il tragitto, la solita coppia di baldi assassini pieni di risorse: A&W (Marina Benedict) e Van Gogh (Steve Mouzakis) usciti di prigione, riescono a barattare un week-end in Connecticut con l’ingiustificato accesso ai satelliti della NSA, l’agenzia di sicurezza americana, e fanno sguinzagliare un drone sui fuggitivi. Galeotta, ahinoi, l’unica telefonata romantica mai condotta da Lincoln, intercettata dall’agenzia, ma Whip (Augustus Prew) riesce a far esplodere una cisterna con un colpo di pistola e i terroristi finiscono di nuovo carbonizzati.
Se la facilità dell’operazione alla NSA evidentemente dipesa dal sex appeal dell’algida killer hitchcockiana è stata in grado di sorprenderci, a maggior ragione lo è quel che avviene dopo: il meno avvenente ma più deciso collega della misteriosa bionda ha una linea diretta con i terroristi ed effettua con disinvoltura, sotto gli occhi degli agenti governativi al lavoro, un’intercontinentale che mette i miliziani sulla strada di Michael. Si ringraziano la faccia tosta del suddetto, gli addetti alla sicurezza nazionale poco furbi e la rubrica telefonica di Poseidon.
Ciò che stuzzica la curiosità dei telespettatori è quel che succede dal lato della scacchiera di quest’ultimo, che piazza una talpa nel Dipartimento di Stato nel posto occupato da Kellerman e indirizza i suoi collaboratori verso un certo Blue Hawaii, con cui anche Michael dallo Yemen ha tentato di avere una conversazione.
Per ora ad aprire la porta ai sicari è un sosia panciuto di Elvis che ama circondarsi di arredi kitsch, ma due cose appaiono chiare: la prima è che i tatuaggi di Scofield, dopo la prima stagione, tornano ad avere un ruolo cruciale; la seconda la esplicita Van Gogh, che si domanda per quale motivo Michael non si affretta a scappare dai terroristi al distributore- internet point in cui il gruppo viene stanato dal drone, e cioè perché spedire la foto delle proprie mani tatuate sia stato tanto importante da indurre l’ingegnere a rischiare la vita sua e degli amici.
Avremo modo di scoprire se per liberarsi del terribile Poseidon sarà stato sufficiente per Scofield mostrare i palmi. Per ora godiamo dell’intrigante inseguimento tra le dune, della gara di strategia e forza in cui finalmente il nostro protagonista torna lucido e letale, lasciando da parte gli zoom esagerati e i giochi di prestigio poco credibili messi in atto dai (due) Soliti Sospetti… Aspettando di verificare se Jacob stia recitando la parte di Keyser Soze.