Progeny, ottava e penultima puntata della creatura di Paul Scheuring, Prison Break, ha ormai intrapreso la strada per il finale in una raffica incalzante di colpi di scena nel complesso funzionanti, tutti predisposti alla preparazione dell’atto conclusivo.
Proprio la discendenza, Progeny appunto, costituisce buona parte dell’intreccio dell’episodio, in cui si incrociano in una sfida di strategia tra Michael e Poseidon, gli Scofield, i Bagwell e, anche se indirettamente, gli Abruzzi. In tutti e tre i casi il DNA si trova a ricoprire un ruolo determinante: quello che intercorre tra Michael e il suo piccolo riesce nell’intento di far cadere in trappola l’ingegnere, Whip è stato scelto proprio perché figlio di T-Bag e Luca Abruzzi ha intrapreso la carriera del padre John, ex galeotto di Fox River nelle prime due stagioni dello show, attività che lo porta a scontrarsi con Lincoln.
Dopo una rocambolesca fuga passata attraverso un ripescaggio nel Mediterraneo, a Marsiglia, Lione e infine negli Stati Uniti, i nostri eroi trovano il loro terreno di scontro tra New York e Ithaca. Le città diventano una grande scacchiera e ciascuno dei componenti delle squadre un pezzo da muovere ai comandi dei due leader. Una partita intelligente e interessante, veloce e ben congegnata, che conferisce ritmo e suspense all’episodio, in cui Poseidon sembra avere la meglio.
Meno convincente è l’atteggiamento dei membri della 21-Void, A&W e Van Gogh, che scopriamo essersi accorti solo in questa puntata di lavorare per un efferato criminale e che hanno il “buon senso” di esporre le loro perplessità proprio nella veranda del capo; tutto poco coerente con la loro attività professionale. Al limite del grottesco, invece, il modo in cui i ragazzi sfuggono alle grinfie di Luca Abruzzi, messo in fuga dai SUV e i cappellini della DEA con cui Sheba e C-Note fanno irruzione nel deposito, dove il criminale fa ritorno poco dopo pur presumendo sia brulicante di poliziotti.
I romantici questa volta avranno apprezzato la tenerezza tra Lincoln e Sheba; i cinefili che hanno vividi ricordi di Norman Bates con la parrucca e il cadavere di sua madre seduto di spalle nelle celebri sequenze girate da Alfred Hitchcock in Psycho, avranno potuto coglierne il leggero richiamo nella scena in cui scopriamo che in casa con Michael junior non c’è Sara; gli appassionati di Star Wars, invertendo i possessori della mano amputata, avranno forse sentito nei loro cuori di fan la frase “Luke, sono tuo padre” davanti a T-Bag e Whip; e gli ansiosi ce la faranno ad attendere una settimana per assistere allo scioglimento di questo brusco finale?
Chi è vivo e chi è morto, a chi appartengono le tracce di sangue disseminate nel corso dell’episodio, (di cui la più interessante e d’effetto è senza dubbio quella mostrata nel fotogramma conclusivo), sarà questa una vera conclusione per lo show? Tutti interrogativi a cui stiamo per avere una definitiva risposta.