Contingency, ovvero cosa è successo a Michael Scofield, ovvero come Michael Scofield ha perso il suo tocco magico, ci porta al quinto dei nove episodi previsti per questo ritorno di Prison Break e taglia il traguardo di metà stagione.
Nel burrascoso confronto tra i due fratelli intervallato da sparatorie e fuga dai terroristi, l’ingegnere spiega finalmente come l’antefatto di questa serie si incastri con le ultime vicende di The Final Break: si scopre cioè che l’arresto di Sara è stato in realtà determinato dal ricatto di Poseidon e che la morte apparente di Scofield era già stata premeditata al momento della liberazione della donna. Quanto all’antagonista senza volto, sembra che il principale sospettato Jacob Ness abbia invece coraggiosamente- e improbabilmente- determinato la cattura degli inespressivi, innominati sicari.
Quello che succede a Sana’a è ancora meno convincente: nonostante gli accordi presi dal Lincoln con C-Note, il quale riesce a procurare, nel caos dell’aeroporto preso dai miliziani dell’ISIL, aereo e pilota per scappare, il gruppo di evasi decide di assecondare le scelte insensate di Michael e tentare la fuga in modi strampalati; condotta che costerà la vita a Sid, la quota arcobaleno della nuova compagine di fuggiaschi.
Il finale dell’episodio ricorda l’epilogo della prima stagione: i ragazzi perdono l’areo e non resta loro che fuggire gambe in spalla dalle camionette di integralisti armati fino ai denti che li inseguono.
Ciò che più colpisce di questo Contingency è il totale crollo del protagonista, emotivo e, verrebbe da dire, razionale. Dopo puntate di fredda e enigmatica indifferenza, l’uomo viene travolto dal peso della propria storia mentre cede alle domande iraconde del fratello, arrivando a rimproverarsi ogni decisione presa negli ultimi anni della propria vita. E a poco valgono le rassicurazioni di Lincoln riguardo l’intelligenza straordinaria dell’ingegnere: dopo aver dimostrato che non basta nascondere la testa dietro un sacco e mettersi in fila per ingannare i terroristi, il personaggio di Wentworth Miller non fa che mettere in pratica soluzioni dalla illogicità manifesta e quasi grottesca. Più che alle contingenze è a questo folle comportamento che va imputato il fallimento della fuga.
A evitare la morte di tutto il gruppo è stato infatti Ja (Rick Yune), tossicodipendete coreano vittima della ormai usurata gag che lo etichetta come giapponese il quale, forse ispirato dal tanto parlare delle ceneri di Freddie Mercury, brucia gli inseguitori canticchiando distrattamente We are the Champions, cori compresi, dando vita a una delle scene più memorabili di questi cinque capitoli.
Abbiamo dunque i prossimi quattro episodi per scoprire se Michael Scofield saprà rinsavire e tornare a casa e se Jacob Ness non sia davvero il misterioso villain della trama.