Il mese di agosto, si sa, è un periodo di “pausa” anche per il settore cinematografico. Quest’anno, poi, complice il Coronavirus, le sale sono rimaste chiuse fino al 15 giugno, ma non si può certo dire che dopo tale data la percentuale di spettatori sia tornata a essere quella, già esigua, registrata gli anni scorsi. Anche un colosso come Tenet sta facendo fatica a raggiungere i numeri sperati, nonostante un apprezzabile coraggio.
Covid-19 (ha recentemente colpito anche Batman) a parte, la stagione estiva ha sempre visto l’uscita, fatta eccezione per i classici blockbuster estivi di Michael Bay e compagnia bella, di film a budget un po’ più ridotto rispetto al solito o di pellicole meno attese a livello mediatico. Questo è proprio il caso di Project Power, film distribuito da Netflix e diretto da Henry Joost e Ariel Shulman, ambientato in una New Orleans decadente e non troppo distante dai giorni nostri. La città della Louisiana è alle prese con la diffusione di una nuova droga; una pillola che, una volta assunta, riesce a conferire superpoteri all’organismo umano per un tempo limitato.
Spaccio di superpoteri
La scena di apertura del film ci mostra il momento in cui la sostanza viene distribuita agli spacciatori della zona, che dovranno poi portarla nelle strade di New Orleans. Tra questi spacciatori si nota Newt, il cugino di una ragazzina afroamericana anch’essa invischiata nel traffico di Power. La strada di quest’ultima si incrocerà, poi, con quella di un padre pronto a tutto per trovare sua figlia e di un poliziotto che non disdegna qualche violazione della legge per far rispettare la stessa. Se la storia di Project Power si può considerare interessante, pur essendo semplice, già vista e non certo profonda, lo stesso non si può dire della caratterizzazione dei personaggi principali. La cugina di Newt, Robin, così come Art e Frank – rispettivamente interpretati da Dominique Fishback, Jaime Foxx e Joseph Gordon-Levitt – non riescono a non apparire piatti e stereotipati, non riuscendo a essere valorizzati nemmeno dalle rispettive performance attoriali.
L’unico dei personaggi ad affrontare una sorta di processo di crescita è Robin, mentre gli altri due rimangono abbastanza statici. Va sottolineato però, che i tre personaggi riescono quantomeno a creare un trio convincente, in cui le tre personalità vengono unite per un obiettivo comune, nonostante le diverse motivazioni. Singolarmente, tuttavia, i personaggi restano anonimi. Sia chiaro, poi, che il livello di recitazione generale è apprezzabile, ma nel caso di Foxx e Gordon-Levitt non si tratta certo della prestazione migliore della loro carriera. La sensazione è che Project Power risponda chiaramente allo stampo delle altre produzioni Netflix: qualche attore affermato, una trama semplice e un contesto potenzialmente apprezzabile dal pubblico.
Project Power riprende gli stilemi tipici del filone super-eroistico, ma non cerca assolutamente di prendersi sul serio. Questo è proprio l’aspetto più apprezzabile del film, che, sebbene non brilli per originalità, riesce a offrire circa due ore di intrattenimento piacevole da guardare e sempre coerente con i presupposti iniziali. Durante la visione della pellicola ci si accorgerà, inoltre, che la storia contiene elementi di critica sociale; si veda, ad esempio, la difficile condizione della protagonista afroamericana e la necessità di cambiare il sistema. Peccato che questi temi non siano stati trattati in modo meno banale, perché si sarebbero inseriti benissimo nel contesto del film. È probabile che gli autori non abbiano voluto approfondire la questione proprio per non rendere Project Power troppo impegnativo. Sotto il punto di vista dell’intrattenimento, infatti, il film funziona eccome.
Le vicende del trio si susseguono velocemente, riuscendo a tenere l’attenzione dello spettatore incollata allo schermo, e le scene d’azione sono ben dosate lungo tutto l’arco della pellicola. Anch’esse, tuttavia, offrono il fianco a un paio di criticità, da ricercare principalmente negli effetti speciali e nelle scelte registiche. Non di rado si può notare la qualità non eccelsa della CGI – anche se è comprensibile, considerando che il budget non è certo quello di un blockbuster – e la confusione dei combattimenti. Può capitare di rimanere un po’ storditi, non capendo cosa succede, ma restano sequenze comunque apprezzabili, anche grazie ai variopinti superpoteri impiegati dai personaggi. La droga “Power”, infatti, consente a chi la assume di ottenere un superpotere – normalmente ricollegabile a una caratteristica di un animale – senza sapere quale sia nello specifico.
È un’idea che funziona, soprattutto perché assicura una certa varietà di superpoteri e una sana dose di imprevedibilità, come un’overdose che elimina il nemico di turno. La sceneggiatura scritta da Mattson Tomlin può contare sulla regia di Ariel Shulman e Henry Joost, che riesce a essere efficace e a conferire un tono energico e irriverente all’intera vicenda. Tutto inciampa, però, sulla caratterizzazione dei villain. Sarebbe profondamente sbagliato affermare che essi siano sviluppati male, ma è evidente come non brillino per carisma. Nonostante ciò si costituiscono come elementi ben inseriti all’interno del contesto e si intrecciano adeguatamente con la storia di Robin, Art, e Frank.
Impossibile, poi, non citare la colonna sonora. I momenti non incentrati sull’azione frenetica sono caratterizzati dalla presenza di alcune tracce rap, cantate direttamente dall’attrice che interpreta Robin, Dominque Fishback. La colonna sonora è infatti basata quasi completamente sulle sonorità tipiche dell’hip hop, che ben si sposa con una New Orleans cupa e segnata dalla droga.
Un potere limitato
Project Power è a tutti gli effetti un film senza pretese, che risulterà sicuramente piacevole agli appassionati del genere senza offrire nulla di strabiliante. Si sarebbe potuto osare maggiormente, soprattutto sulla caratterizzazione dei personaggi principali e degli antagonisti, che non rimarranno certo scolpiti nella memoria. Project Power rappresenta in tutto e per tutto la filosofia delle altre produzioni Netflix, ma la qualità generale è decisamente più che apprezzabile e rappresenta un buon punto di partenza per il futuro.