Una lenta e terrificante panoramica di un’aula scolastica, con corpi esanimi a terra, sangue, morte e disperazione, dà inizio al dramma di Quicksand (Störst av allt), la prima serie svedese prodotta da Netflix.
Creata da Pontus Edgren e Martina Håkansson e diretta da Per-Olav Sørensen, Lisa Farzaneh, la serie prende le mosse dall’omonimo libro di Malin Persson Giolito, insignito di numerosi riconoscimenti tra cui il prestigioso Glasnyckeln nel 2017.
Sabbie mobili
Quicksand, sabbie mobili, racchiude nel suo titolo la sensazione di una forza che trascina nelle profondità della terra, contro la quale si lotta fino a perdere le energie e ad arrendersi così al suo lento trasportare verso il punto di non ritorno. Il titolo svedese che segue invece, “la cosa più grande di tutte”, si riferisce al sentimento più grande di tutti, l’amore, che oppone alla sua visione idilliaca quella più tormentata e malata.
Proprio su questi due concetti si snoda la trama di Quicksand che vede Maja Norberg e Sebastian Fagerman protagonisti di un intenso dramma.
Inseguito ad una sparatoria di massa avvenuta in una scuola del quartiere più benestante di Stoccolma, la liceale Maja si trova a dover affrontare un processo per omicidio. La storia parte proprio dal triste giorno, quando la polizia irrompendo nell’aula trova la ragazza in un lago di sangue. Viene portata via e incarcerata con l’accusa di omicidio colposo ai danni dei suoi compagni di classe e del suo fidanzato Sebastian.
Attraverso l’avvicendarsi di due piani temporali, vengono ricostruiti gli eventi precedenti alla sparatoria, dove la giovane, intelligente e spensierata Maja appare come la ragazza della porta accanto, innamorata perdutamente del più popolare del liceo, un ragazzo molto ricco ma con alle spalle una difficile situazione familiare e seri problemi di droga. L’amore tra i due presto diventa malato e l’ossessione reciproca li spinge in un vortice senza via di uscita.
Non chi, ma perché
Quicksand non vuole scoprire i colpevoli o gli innocenti dell’orribile gesto, ma vuole indagare su come sia potuto accadere un simile fatto, il perché due ragazzi con un futuro brillante davanti, con famiglie benestanti e tante opportunità, si possano essere resi autori di una tale atrocità.
La Svezia, sempre dipinta come un paese quasi perfetto e senza macchia, qui si sporca di rosso sangue, gli scheletri nell’armadio vengo fuori e quella società ricca e potente si dimostra fragile e fuori controllo. Un’altra questione su cui riflettere è poi il ruolo dei genitori, troppo superficiali, distratti e accondiscendenti, poco presenti nella vita degli adolescenti che spesso vorrebbero ricevere qualche no per sentirsi considerati, piuttosto che assenti consensi.
Il continuo passare da presente a passato con una serie flashback rende la narrazione molto dinamica, riuscendo così a tenere salda la presa dell’attenzione del pubblico. Il tempo dedicato alle due sequenze temporali si bilancia molto bene, riuscendo a spiegare in maniera soddisfacente i vari nodi della trama. Anche se alcuni aspetti sono stati trascurati, come la reazione dei genitori agli eventi o la storia di Amanda e Samir i compagni di classe in secondo piano, i sei episodi sono più che esaustivi. Aggiungere anche solo un paio di episodio sarebbe stato troppo e avrebbe reso la narrazione prolissa.
Un giovane cast di talento
La sparatoria non è il focus della storia, ma bensì il dramma psicologico che vive Maja, il perché sia arrivata a rendersi protagonista del dramma che vive da vittima e da colpevole, mentre sullo sfondo nasce, si alimenta e muore la sua storia d’amore. La giovane Hanna Ardèhn, di 23 anni, riesce a padroneggiare il difficile ruolo di Maja in continua evoluzione durante tutta la storia ricostruita dai flashback e durante tutto il processo. La sua ambiguità nelle espressioni trasmette alla perfezione l’incertezza della sua innocenza o colpevolezza. Agli occhi dello spettatore Maja è colpevole senza alcun dubbio, autrice cosciente delle sue sventure, ma proprio quando eravamo certi del verdetto un’altra prospettiva ci viene svelata cambiando i giudizi formulati inizialmente.
Quicksand, in conclusione, è una serie godibile seppur con qualche imperfezione ma in generale ben fatta. Il cast molto giovane la storia avvincente riescono a catturare lo spettatore, i sei episodi si dispiegano in maniera molto fluida ed esaustiva.