Quando è stato annunciato che Ready Player One sarebbe stato portato al cinema da Steven Spielberg, i nerd di tutto il mondo sono letteralmente impazziti, sognando di vedere trasportate su grande schermo le quasi 500 pagine del romanzo cult di Ernes Cline pregne di elementi vintage degli anni ottanta.
Ebbene, non ci si potrebbe approcciare a Ready Player One in maniera più sbagliata.
Racchiudere in poco più di due ore di pellicola una storia piena zeppa di personaggi, indovinelli e citazioni di ogni tipo sarebbe stata un’operazione suicida, ma fortunatamente Steven Spielberg ha messo il libro al servizio del Cinema e non viceversa. Quando nel 2001, il regista rifiutò di dirigere il primo film della saga di Harry Potter, dichiarò di preferire storie sconosciute a cui dare visibilità piuttosto che film dal successo prevedibile. La realtà è che sapeva benissimo che non gli sarebbe mai stato concesso di cambiare nemmeno una virgola del best seller della Rowling. Con Ready Player One, Spielberg ha potuto al contrario stravolgere il romanzo e, mantenendo invariato lo spirito originale, lo ha reso coerente con gli elementi propri della sua filmografia.
Una nuova fuga dalla realtà
L’ambizioso progetto di un romanzo considerato da tanti impossibile da portare al cinema era stato proposto a registi del calibro di Christopher Nolan, Peter Jackson, Edgar Wright e Matthew Vaughn, tutti estremamente validi tecnicamente parlando. Ma pensateci bene un attimo: chi avrebbe potuto raccontare meglio una storia che parla di fuga dalla realtà attraverso la fantasia con protagonista un outsider, che tira fuori inaspettatamente il coraggio che pensava di non avere, se non il regista nativo di Cincinnati?
L’eroe per caso è Wade Watts (Tye Sheridan), un ragazzo orfano che vive a Columbus negli Stati Uniti d’America del 2045. L’inquinamento e la sovrappopolazione del pianeta hanno portato le persone a cercare uno svago in OASIS, un intero universo virtuale nato dalla mente di James Halliday, in cui è possibile essere ciò che vuoi e prendere parte a numerose attività. Quando Halliday muore, lascia in eredità il suo inestimabile patrimonio ed il controllo di OASIS a chi per primo troverà l’easter egg che ha nascosto all’interno della realtà virtuale.
Parte così una vera e propria caccia al tesoro che coinvolge il mondo intero.
Nostalgia in CGI
Insieme a James Cameron, Spielberg è sicuramente il miglior regista vivente per quanto riguarda la gestione degli effetti speciali. Dopo un inizio eccessivamente didascalico, il regista dà libero sfogo a tutto il suo estro creativo. Se nella prima parte lo spettatore viene letteralmente trasportato nella storia grazie ad una CGI superlativa, inserita magnificamente in una messa in scena mai confusionaria, nella seconda viene coinvolto emotivamente ed è qui che Spielberg vince la sua partita.
Il finale di Ready Player One, è genuino ma non retorico, melenso ma non stucchevole, e vi porterà a provare le stesse sensazioni che i ragazzi nati e cresciuti negli anni Ottanta hanno provato per Corto Circuito, Wargames, e Navigator.
Il film colpisce esattamente dove vuole, al netto di qualche piccolo difetto. Gli antagonisti oltremodo caricaturali e qualche buco di sceneggiatura qua e là, non gli impediscono di candidarsi ad essere il Goonies del 2000 (sperando invecchi meglio del film di Richard Donner). Ready Player One piacerà a tutti perché è un film per tutti. Ai bambini per la storia avvincente caratterizzata da un ritmo sfrenato, ai ragazzi per le continue strizzatine d’occhio ai cult del passato e agli adulti per una scena da storia del cinema posta circa a metà pellicola. Senza fare alcuno spoiler, riguardatevi Shining: è un consiglio!
Steven Spielberg è uno dei più importanti registi della storia del Cinema, che nella sua carriera ha girato almeno 4 Capolavori e sbagliato film in rare occasioni. Con Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo e E.T. ha riscritto le regole della fantascienza, e sebbene con Ready Player One non riscriva un bel niente, confeziona una vera e propria lettera d’amore al cinema e alla cultura nerd degli anni Ottanta, di cui le tanto attese citazioni sono solamente un gradevolissimo contorno.