La prima parte de Le Terrificanti Avventure di Sabrina si era attesa su Netflix trattenendo il fiato, con curiosità e timore. Una volta approdata sulla piattaforma, la serie ha fatto molto parlare di sé, con toni entusiasti o almeno soddisfatti, nonostante la sua generosa quantità di tematiche politically correct.
Il suo volto nuovo – strettamente legato al mondo fumettistico – tra citazioni cinematografiche, elementi horror-sovrannaturali e toni ironici – in uno scontro tra rosso e nero – non hanno compiaciuto solo l’occhio, perché scavando in un’estetica ricca di simboli e fascino, si è aperto lo spazio per una narrazione coinvolgente e pronta a sorprendere.
Tali premesse hanno creato un clima trepidante, solleticando curiosità anche negli scettici della prima ora. Nella svolta più oscura per la potente mezza-strega Sabrina Spellman (incarnata da Kiernan Shipka), il capello platino era evidente simbolo di qualcosa di diverso all’orizzonte, per il personaggio di Sabrina e per l’evoluzione della storia. Un assaggio lo avevamo ricevuto con lo special natalizio uscito a Dicembre, che si è rivelato un tassello importante per l’avvio della seconda parte di questa prima stagione: l’incanto ha persistito?
Verso il Signore Oscuro
Il Battesimo Satanico ha cambiato Sabrina Spellman e non solo nel look. La zia Hilda (Lucy Davis) è preoccupata nel vederla abbandonare Baxter High, il suo ragazzo Harvey (Ross Lynch) e le amiche Rosalind (Jaz Sinclair) e Susie (Lachlan Watson), quanto è preoccupata della decisione della nipote di frequentare a tempo pieno l’Accademia delle Arti Oscure, dove Sabrina si mostra sempre più ambiziosa e talvolta arrogante, meno gentile e più superba, anche a casa.
Sabrina si confida con la sua dolce zia, spiegando le sue ragioni: può vivere la sua vita da umana e strega, divertirsi con gli amici, ma sarebbe un’illusione perché tutto ciò avrebbe una data di scadenza. Prima o poi il Signore Oscuro si presenterà a lei e Sabrina non vuole essere impreparata, ha bisogno di studiare ancor di più, di nuovi incantesimi, di superare sfide minori come quella di diventare Capomago, un titolo fin’ora passato di mago in mago che mai aveva contemplato una presenza femminile.
Tali scelte per la giovane Spellman non sono indolori: è costretta a rinunciare a Harvey, non può che vedere da lontano Susie entrare nella squadra di basket e non può essere di sostegno alla migliore amica Rosalind mentre la sua vista si spegne di giorno in giorno. La distanza che Sabrina mette tra lei ed i suoi amici porta così Harvey e Rosalind ad innamorarsi, perdendosi Susie che diventa Theo. Sabrina crede però di lasciarli in buone mani, dato che la professoressa Wardwell (Michelle Gomez) è diventata preside della scuola.
Nell’Accademia delle Arti Oscure Sabrina non trova il conforto umano a cui era abituata, le “amicizie” sono molto diverse e la sua scelta di gareggiare per il titolo di Capomago contro Nicholas Scratch (Gavin Leatherwood) le porta non pochi problemi: dei demoni infernali vogliono ucciderla.
In situazioni critiche Sabrina aveva sempre Salem al suo fianco, ma non potendolo portare a scuola non può contare sul famiglio e – con sua stessa sorpresa – non può contare neanche sull’aiuto del cugino Ambrose (Chance Perdomo), sempre più vicino a Padre Blackwood (Richard Coyle) e al suo gruppo di protetti.
Padre Blackwood dal canto suo è sempre più irritato dalla presunzione di Sabrina nel voler cambiare le tradizioni, mentre lui vuole ricreare la Chiesa della Notte a sua immagine, guardando un passato più tradizionale e patriarcale, in cui la figura della strega sia ridimensionata, più servile e concentrata a fare figli. Queste idee cercano di mettere radici nell’Accademia e Sabrina non può permetterlo, provocando Blackwood sulla possibilità che lei un giorno sarà Somma Sacerdotessa.
Inaspettatamente la protagonista riceve un piccolo aiuto da Prudence (Tati Gabrielle) e le sue Sorelle Sinistre, ma il vero sostegno arriva dall’affascinante Nicholas, infatuato dal suo lato ribelle. Anche Sabrina inizia a trovare uno spazio per Nicholas nel suo cuore, ma è giovane ed ha molte incertezze, soprattutto perché ha interrotto la sua relazione con Harvey da poco.
Se ci sono romanticismo e incertezze nel cuore di Sabrina, sua zia Zelda (Miranda Otto) ha ambizione e certezze: entrata nel corpo docenti dell’Accademia, insofferente ai pettegolezzi sul suo rapporto con Padre Blackwood, mette l’uomo nella condizione di chiederle la mano.
Se per la zia è un onore, per la nostra strega è l’ennesima battaglia da affrontare: non può accettare quell’uomo nella sua vita, un uomo che sta dividendo la sua famiglia, che ha probabilmente ucciso suo padre e la cui misoginia non rappresenta i desideri del Signore Oscuro, ma una sua personale visione dettata dal timore per le streghe. Il Signore Oscuro infatti ha grandi progetti per Sabrina che iniziano quando si presenta da lei con una richiesta insolita: rubare un pacchetto di gomme.
Sabrina sente che c’è qualcosa di più sinistro in ciò, ma non sa che il demone nel corpo della professoressa Wardwell ha scommesso con il Signore Oscuro sulla sua anima: lei crede che l’anima della ragazza non abbandonerà mai la retta via, mentre Lucifero è certo che prima o poi sarà sua, entrando nel suo grande progetto. Chi avrà ragione tra i due demoni?
Il carattere che diventa caricatura
Le Terrificanti Avventure di Sabrina ci aveva accolto in un mondo da fiaba dark, dove l’ambiguità era la regola e nel quale convivevano dramma ed ironia.
Non era nascosta l’intenzione di una narrazione volta a uno scontro con il mondo patriarcale e bigotto, dove la strega – donna emancipata – sfida chi è a capo di quel sistema, il principio primo che desidera sottomissione e riverenza dalla donna. Consapevoli di ciò e di quanto l’intenzione principale avesse sottotrame speculative intorno a se stessa, per un teen drama era convincente, capace di catturare simpatia e di avviarsi verso percorsi più maturi che potevano ricordare serie come American Horror Story o Salem. In questa seconda parte purtroppo più che un’evoluzione, Sabrina risulta una caricatura di se stessa.
L’emancipazione femminile e la sua lotta contro un sistema patriarcale già dalla prima parte risultava ridondante: l’intenzione bella ed importante diventava così alquanto pesante, ma nulla in confronto a quello che la seconda parte riserva. A un certo punto la lotta contro il maschilismo non trova soluzioni o un’argomentazione che diventa trama, ma un susseguirsi di strillare “è misogino!”, con reazione contraria. Reazioni piuttosto che azioni, ripetute, con le stesse dinamiche fanno diventare il carattere femminista della serie dozzinale, stereotipato e irritante, quanto Sabrina stessa che ne è simbolo.
In barba a decenni di lotta femminista, di emancipazione, di serie tv e film che hanno trattato con forza e serietà la tematica, questo diventa lo show de Le terrificanti avventure di come banalizzare il femminismo e altre tematiche delicate. Un politically correct tanto abbondante, tanto forzato e tanto superficiale non trova giustificazioni.
Il minestrone con i minuti contati
Se molte serie tv difettano di buchi di trama, Sabrina soffre del contrario: il suo percorso narrativo diventa lento e tortuoso perché ci sono montagne da superare prima di arrivare alla meta, un finale di stagione interessante ma con alti e bassi. La domanda che viene da chiedersi è se erano necessarie tutte quelle trame e sottotrame per arrivare a quel punto.
La fedeltà alla dimensione fumettistica non è gestita nel modo più elastico e credibile, la sceneggiatura invece di semplificarsi sovrappone problematiche su problematiche. Una trama complessa non è un difetto, ma si presentano sia situazioni non risolte che altre trattate con superficialità, insieme, in un minestrone confusionario e poco credibile. Non c’è spazio per l’introspezione, per riflettere e trovare credibili i cambiamenti in Sabrina, lo spettatore deve semplicemente subire gli sviluppi nella frenetica corsa verso la fine.
In sé gli elementi narrativi non sono malvagi, per un teen drama sono ampiamente accettabili, ma la prossimità del susseguirsi di eventi è di difficile digeribilità nel loro sovrapporsi, banalizzante per un soggetto che si era presentato diverso, originale e fiero di avere una certa maturità.
Il minutaggio è prezioso, ma è sprecato spesso per mostrare fatti inutili alla storia, come il quarto episodio: Le cinque chiavi del terrore. Esso vede l’arrivo di una cartomante che legge un possibile futuro a ciascuno dei personaggi, un futuro esagerato, con un solo fondo di verità.
L’episodio non è realmente utile alla trama, cerca di voler evidenziare i conflitti dei personaggi e tentare di dare ad ognuno una dimensione riflessiva e, nel farlo, divertirsi nel citazionismo cinematografico. La cinque chiavi del terrore si rivela così più un capitolo di autocompiacimento artistico, il cui minutaggio se risparmiato avrebbe potuto aiutare la storia a respirare, a dilazionare meglio gli eventi cruciali e a non togliere spessore ai personaggi.
S.O.S. Personaggi
Nell’universo de Le terrificanti avventure di Sabrina tra umani e stregoni ci sono tanti personaggi, ognuno con un ruolo – più o meno – importante per la trama. L’intenzione di mostrarne la storia, i conflitti, in un quadro tanto ricco fa risultare quasi tutti macchiette, tanto che persino i personaggi principali finiscono per non essere ben delineati. Solo cosa c’è sullo sfondo, la tela, chi ne è autore spicca e questo ruolo è di un personaggio in particolare: Lilith, colei che si è impossessata della professoressa Wardwell.
Per quanto la sua storia nei primi episodi con l’umano Adam possa far storcere il naso, essendo proprio lei l’artefice di tutto, è colei che mostra meglio la sua personalità nelle sue ambiguità, vantando un carisma che altri villain (Padre Blackwood e Signore Oscuro) non hanno, quanto non ha la nostra protagonista, forse per il semplice fatto di non essere Michelle Gomez.
Kiernan Shipka è una brava interprete, ma la sua performance è tendenzialmente acerba, con un’espressività limitata e molto spesso non valorizzata dal copione che deve seguire. C’è del potenziale, c’è dal carisma in Shipka, ma la serie probabilmente richiede un’impostazione troppo teatrale e le crea delle difficoltà che solo interpreti adulte riescono a gestire meglio, tra loro vale la pena menzionare Miranda Otto e Lucy Davis. Le due zie le abbiamo conosciute bene nella prima parte, entrambe hanno conquistato l’affetto del pubblico con il rapporto particolare che le lega; nella seconda parte non hanno lo stesso spazio, tuttavia i loro ruoli risultano comunque incisivi e tra i più interessanti.
I personaggi realmente ridimensionati finiscono per essere gli amici/alleati di Sabrina.
Harvey, supporto fondamentale di Sabrina nella prima parte, lasciandosi con la strega si avvicina presto alla migliore amica di lei, Rosalind. La simpatia diventa velocemente (o precocemente?) amore, c’è qualche scrupolo ma nulla di serio, dopotutto Sabrina ha al suo fianco l’affascinante stregone Nicholas. Le dinamiche sono poco credibili da parte di ciascuno di loro, ma si possono giustificare pensando che sia l’adolescenza.
Theo invece, uno dei personaggi più interessanti tra gli amici di Sabrina, in questa seconda parte ha la sua transizione di genere: nato Susie si identifica in maschio, cambiando nome in Theo e presentandosi con questo nome. La transizione non è una colonna della trama ma la tematica è delicata, importante, parlarne è bene e rendere in modo leggero questo cambiamento è un punto a favore, ma se la leggerezza di traduce in superficialità può valere lo stesso? Forse è meglio rimandare questo discorso a un momento in cui ci si può soffermare su di esso, invece di risolvere tutto in pochissimi minuti (se non sbaglio meno di cinque) sparsi per la stagione.
Se Theo è trattato con superficialità, a personaggi più importanti non è concesso un trattamento migliore: Nicholas nonostante sia un personaggio chiave all’interno degli eventi, ha una backstory pateticamente insignificante. Nick è uno dei migliori personaggi in quest’universo narrativo, non è solo un interesse romantico o un semplice supporto, ma un personaggio attivo in ogni sviluppo; l’importanza che si ritaglia episodio dopo episodio porta lo spettatore ad affezionarsi a lui, ma proprio in previsione della sua rilevanza, la storia del suo passato non gli rende giustizia, quanto certi sviluppi nell’episodio finale.
Il disincanto
Le terrificanti avventure di Sabrina in questa seconda parte che completa la prima stagione, definisce questa nuova avventura come qualcosa di diverso e capace di intrattenere, incuriosire, ma non si differenzia dai teen drama sovrannaturali a cui la tv ci ha abituato.
Sabrina vuole essere una sorta di Harry Potter oscuro, un’avventura adolescenziale alla Supernatural, o un versione più docile di American Horror Story? Forse è la Katniss Everdeen magica in una storia dark, la protagonista di un’immaginario burtoniano o l’anticristo femminile di Omen? Sicuramente non è la Sabrina con il gatto parlante di una sit-com e – ad essere onesti – quella Sabrina manca.
La novità e la diversità aveva creato un’illusione di bellezza, in fondo lo stile c’è, c’è una base su cui poter ricamare tanto, un buon occhio cinematografico e tanti personaggi che corrono in una storia tra dramma sovrannaturale e un ironico slice of life: poteva funzionare.
Si sono create aspettative, si sono rimandati discorsi e non si può negare che la serie sappia intrattenere, ma quando i giochi arrivano al termine di un dato discorso narrativo ci si deve fermare, prendere fiato, sezionare e dar peso a quei fastidi riportati durante l’avventura.
Citazione su citazione, plot su plot, personaggio su personaggio, verbosità e citazionismo si sforzano di creare un’icona: graficamente ci sono, l’immaginario di Sabrina è molto vivido e la sua fisicità salta all’occhio, ma un simbolo senza un carattere, impallidisce, si confonde e amalgama un blob televisivo già visto.
L’intrigante fiaba dark ci ha trasporti nel suo mondo, ma all’interno di esso l’incantesimo si è dissolto e osservare un mondo non poi così originale fa sbadigliare, non sentire le farfalle nello stomaco.
Si possono trovare giustificazioni, ricordare il target, accontentarsi dell’intrattenimento e gli altri compiti elementari in cui riesce, ma come Sabrina è un personaggio che aspira al massimo, lo spettatore a cui si fanno promesse mirabolanti merita qualcosa di più.