L’attesa è finita e il film più atteso dell’anno è finalmente disponibile in sala. Il terzo lungometraggio dedicato all’Uomo Ragno con protagonista Tom Holland sarà un assoluto successo al botteghino, ma nutrire dubbi sulla buona riuscita del film è più che lecito visti i due capitoli precedenti. Niente paura, Spider-Man: No Way Home è il miglior capitolo del franchise per distacco visto che finalmente, al terzo tentativo, mostra una propria identità. Il film, che presenta una dose enorme di fan service giocando tantissimo sull’effetto nostalgia, non potrà che emozionarvi.
No Way Home: un’ambiziosa meta-avventura
Il bello dei sequel, ed in particolare dei sequel dei cinecomic, è che non hanno bisogno del primo atto per mostrare l’origine dell’eroe, e del resto del film per caratterizzare i diversi personaggi, potendo permettersi quindi di partire subito in quarta. Spider-Man: No Way Home (da qui in avanti solo No Way Home), inizia dove si era concluso Far From Home, e più precisamente dall’istante dopo che Mysterio rivela al mondo che sotto la maschera di Spider-Man si nasconde Peter Parker (Tom Holland). Il protagonista è così oppresso dal peso della fama, circondato da una folla di persone che di colpo gli ha messo gli occhi addosso e soprattutto messo alle strette per dimostrare il suo vero valore. La sua vita e quella dei suoi amici, MJ (Zendaya) e e “L’uomo sulla sedia” Ned (Jacob Batalon), viene di colpo stravolta e così decide di chiedere aiuto a Stephen Strange affinché usi la magia per far dimenticare a tutti la sua identità. L’incantesimo non va come previsto e Strange apre una breccia dal Multiverso, facendo arrivare i nemici delle precedenti incarnazioni di Spider-Man, tra cui il Dr. Otto Octavius (Alfred Molina), Electro (Jamie Foxx) e Green Goblin (uno strepitoso Williem Dafoe).
Per il Peter Parker del MCU queste presenze sono sconosciute e, a differenza dello spettatore, non ha la minima idea di chi siano gli antagonisti. Il regista gioca quindi sue due livelli in modo che il pubblico provi qualcosa in più che ai protagonisti della pellicola non è dato provare, un senso di nostalgia e di consapevolezza del trascorrere del tempo.
Essere Spider-Man
In Homecoming e Far From Home la trama era strettamente legata alle vicende narrate in altri film del MCU con altri protagonisti (rispettivamente Civil War ed Endgame) con il protagonista costretto a fare i conti col suo ruolo negli Avengers prima e con la dipartita di Iron Man poi. In questo terzo capitolo, finalmente Spider-Man si trova a gestire una situazione collegata alle sue azioni compiute nel precedente capitolo, che lo porterà a capire cosa significa essere Spider-Man. Fino a questo momento il Bimbo-Ragno dell’MCU era un personaggio che doveva sottostare alla trama del momento che la Marvel doveva portare avanti, a questa versione di Peter Parker mancava il dramma (sostituito dai toni da commedia) ma soprattutto di un vero conflitto per evolvere davvero come personaggio.
In No Way Home, Peter cresce per davvero e prende determinate scelte che lo portano ad avere uno sviluppo durante la pellicola. Un aspetto che nei due precedenti capitoli era stato semplicemente abbozzato, facendo rimanere il protagonista sostanzialmente involuto e fermo a quella sua spettacolare prima apparizione durante la battaglia all’aeroporto di Lipsia-Halle in Civil War. Nei sette anni seguenti, nonostante due film a lui dedicati e altre apparizioni all’interno dei film corali del MCU, il personaggio interpretato da Tom Holland non aveva mai mostrato una vera e propria crescita.
Dopo due film che avevano tenuto quasi al sicuro il personaggio in una bolla, protetto dalle armature di Iron Man e forte della consapevolezza dell’esistenza di tanti altri supereroi, gli Avengers, pronti a correre in suo aiuto al bisogno, Peter Parker si trova finalmente ad affrontare le conseguenze delle sue azioni e la vita, quella più adulta, consapevole e dolorosa. Il finale del film, quanto mai simbolico, porta No Way Home ad essere la vera origin story di Spider-Man del MCU. Perché ci sono voluti tre film e un percorso che lo ha reso diverso da tutte le altre incarnazioni dell’Uomo Ragno viste al cinema prima di lui, ma ora questo Peter Parker è davvero diventato Spider-Man. E ciò diventa chiarissimo nell’esaltante scena finale sulle note del tema di Michael Giacchino.
Da alte aspettative derivano grandi responsabilità
L’attesa è stata spasmodica, l’attenzione da parte dei fan ad evitare spoiler ancor più alta rispetto ad Avengers: Endgame e i rumor sul coinvolgimento degli attori dei precedenti film di Spider-Man incessanti. Chiaramente, una situazione del genere ha portato ad un’aspettativa eccessiva. Inoltre, No Way Home aveva tutti gli ingredienti per essere un perfetto cinecomic: una trama avvincente, degli effetti speciali incredibili e dei super villain che non hanno bisogno di presentazioni. Eppure non siamo di fronte ad un capolavoro di genere, anzi. Il film presenta tantissimi difetti: l’eccessivo fanservice e diversi passaggi oscuri della sceneggiatura ad esempio, ma soprattutto la mancanza di originalità. Non è passato abbastanza tempo da quando abbiamo visto l’arrampicamuri alle prese col Multiverso, e Un Nuovo Universo dà una pista almeno una pista a No Way Home.
Infine, la regia di Jon Watts, purtroppo, mostra tutti i suoi limiti e, a parte qualche sequenza, è di una piattezza e impersonalità uniche. Nel corso degli ultimi dieci anni è stato chiaro che, per Kevin Feige e soci, la serialità del MCU fosse molto più importante delle singole saghe dedicate ai diversi personaggi, visto che ad eccezione dei Guardiani della Galassia tutti i film Marvel sono stati messi completamente a servizio di una trama più grande. Viene da chiedersi però cosa sarebbe potuta essere la trilogia di uno dei personaggi simbolo della Marvel in mano ad un regista più maturo ed estroso, con il budget pressoché infinito di cui ha potuto disporre Watts.
No Way Home è per i film di Spider-Man quello che Endgame è stato per tutti gli altri film dell’MCU, scivolando qualche volta sul fanservice, ma senza mai sacrificare la storia dei personaggi sull’altare del citazionismo sfrenato.