Midseason per Star Trek: Discovery, la serie CBS appartenente allo storico franchise di Gene Rodenberry. In attesa della seconda parte dello show di Brian Fuller e Alex Kurtzman, su Netflix dal prossimo gennaio, ecco il punto sui primi nove episodi rilasciati dalla piattaforma.
Se non siete ancora saliti a bordo della Discovery non proseguite nella lettura per non imbattervi in spoiler.
Se fin dal primo episodio è apparsa chiara la volontà di mantenere l’anima universalista che ha caratterizzato la serie originale, improntata alla collaborazione e alla fratellanza trai popoli, a metà della stagione è con la medesima evidenza che si comprende di essere davanti a un prodotto diverso, inevitabilmente più moderno e figlio di questo periodo storico improntato alle nuove regole di intrattenimento televisivo, con buona pace dei più integralisti fan del vecchio Enterprise. La sceneggiatura infatti porta nel profondo universo donne al comando, relazioni omosessuali, disturbi post- traumatici consegnati agli spettatori attraverso i terribili ricordi del tenebroso Ash Tyler (Shazad Latif), facendo irrompere in piena ambientazione bellica il delicato tema della sofferenza psicologica del veterano e quello ancora più spinoso del ricatto sessuale legato alla sua sopravvivenza.
Nonostante questa volontà di scandagliare l’animo di alcuni dei protagonisti, spesso la narrazione serrata e il ritmo incalzante rendono difficile affezionarsi veramente a qualcuno di essi. Se nella mancanza di connessione emotiva può consistere l’ovvio prezzo con cui pagare la scelta di svolgere una trama ricca, lo stesso non si può dire della semplificazione eccessiva e a tratti snervante di alcuni elementi. Questo è vero soprattutto per quanto riguarda i Klingon, gli antagonisti meno interessanti di sempre, meccanicamente bestiali e che la mancanza di altri intenti oltre la ferocia rende persino prevedibili, evidentemente non toccati dall’opportunità rinnovatrice che Star Trek: Discovery rappresenta per il franchise. La stessa direzione della trama non è sempre definita, ma anzi questa prosegue tra sbalzi e improvvise deviazioni, rendendo la narrazione confusa e a tratti caotica in cui l’insubordinazione diventa il normale modus operandi dell’equipaggio capitanato dal comandante Lorca (un ottimo Jason Isaacs).
Il rovescio della medaglia è la mancanza di noia, e l’interesse mai smorzato dello spettatore premia la scelta degli sceneggiatori di improntare la serie prevalentemente all’azione. Gli effetti speciali sono di notevole pregio tecninco, (se si esclude l’evidente corsa sul posto di Sonequa Martin- Green all’interno dell’astronave), l’universo e le flotte spaziali meravigliosamente realizzati, un montaggio riuscito e un finale intenso e pieno di possibilità da realizzare in un quadrante inesplorato dell’universo, ad alimentare il senso autentico della scoperta, il fascino primordiale dell’inesplorato di cui Star Trek: Discovery continua ad essere instancabile ambasciatrice, insieme all’esaltazione del coraggio, della lealtà, della riflessione su come misurare il valore della persona.
Sospendendo il giudizio sui rimandi e le citazioni alla saga originale, giusti ma destinati ad andare incontro tanto all’amore quanto all’odio degli spettatori più affezionati, Star Trek: Discovery offre un intrattenimento semplice ed efficace, che diverte e stupisce, capace di tenere alta l’attenzione del pubblico senza difficoltà, sicuramente adatto agli amanti del genere fantascientifico, a cui non resta che aspettare di vedere cosa succederà nella prossima parte dello show.