Il ritorno improvviso di James Keziah Delaney (Tom Hardy) dopo dodici anni di permanenza nel continente nero, ha stravolto i piani dei più alti componenti della Compagnia delle Indie, che vogliono mettere le mani sull’importante isola di Nootka in Vancouver (Canada). Convincere James ad accettare un lauto compenso per la vendita di quella terra non è servito a niente: non solo l’erede Delaney non ha accettato il denaro offertogli (che più che una generosa offerta, sembra un mezzo per comprarlo) da Sir Stuart Strange (Jonathan Pryce), ma pare conoscere bene, nel loro più intimo quei gentiluomini così generosi e non glielo nasconde affatto.
La sua ricomparsa sulla scena londinese, però, non ha fatto storcere il naso solamente alla Compagnia delle indie, anche il marito della sorellastra, Thorne Geary (Jefferson Hall), e la donna stessa non sono contenti del suo ritorno. I motivi sono dei due coniugi sono diversi: Zilpha Geary (Oona Chaplin) perché ha avuto un rapporto incestuoso con James, Thorne verosimilmente per l’eredità che non ha ricevuto la moglie (ma sarà solo per questo oppure è a conoscenza del segreto della compagna?).
Insomma, James non è stato accolto gioiosamente dai suoi concittadini, anche se probabilmente non si aspettava qualcosa di diverso. Di certo, forse, non avrebbe creduto che qualcuno lo voglia morto e che questo qualcuno abbia già agito avvelenando lentamente il padre fino a condurlo alla morte. Egli inizia le sue ricerche per capire chi sia questo sicario o da chi è stato assunto e perché lo voglia uccidere, si fa aiutare dal suo fedele Brace (David Hayman) e da un tagliagole chiamato Atticus (Stephen Graham). Quest’ultimo, durante la lettura del testamento nella quale James paga tutti i creditori del defunto padre, gli rivela che chi voleva morto il genitore era proprio il cognato. Sarà veramente così oppure il carattere facilmente irascibile di Thorne ha tratto in inganno Atticus? Rimane un mistero, anche se nel frattempo si aggiunge un ulteriore problema: una donna di nome Lorna Bow (Jessie Buckley) dice di essere la vedova di Horace Delaney. Sarà vero?
Una storia ricca che va scoperta pian piano
Questo secondo episodio non smentisce affatto la partenza della serie Taboo (leggi qui): i riferimenti storici della prima metà del XIX secolo, l’approfondimento dei personaggi in base al contesto, l’abbondanza degli eventi narrati.
In particolare, l’episodio si concentra sulle ricerche che fa James e che incarica ad altri, del sicario che lo vuole morto e che sembra aver già agito. I personaggi che incontra sono ben caratterizzati da alcuni elementi. Atticus, ad esempio, con il suo modo di parlare e gli strani tatuaggi che ha sulla testa, fanno pensare subito a un tagliagole, se non a un pirata o comunque ad un uomo che ha viaggiato molto nella sua vita e che è senza scrupoli. La giovane Winter che avvisa James di qualcuno chiamato “Dente Argentato” lo sta cercando per ucciderlo, lo spettatore non capisce bene se sia una figura reale o un allucinazione di James, poiché tratto in inganno dal suo modo di esprimersi lento e preciso e dal fatto che ad un certo punto della storia scompare misteriosamente.
Interessanti, i continui flashback del protagonista, di cui effettivamente non sappiamo ancora nulla, né la sua storia prima della partenza da Londra, né di cosa sia successo in Africa, né se ha meno delle capacità soprannaturali come la madre per cui riesce a scavare negli animi delle persone e scoprire i loro più reconditi segreti, dei taboo che in quanto tali devono rimanere celati agli occhi di tutti.
La serie per il momento sembra essere avvincente, nonostante ancora sembri non esserci un quadro completo della storia. Infatti, quello che si sta puntando a fare con Taboo non è sviscerare subito tutta la trama dal primo episodio, ma di farla emergere pian piano, puntata dopo puntata, in modo da farla apprezzare nella sua interezza dallo spettatore, abituato – invece – a episodi che partono con il turbo e che poi, spesso lasciano il tempo che trovano con il passare delle ore. Qui, si è optato per una scelta diversa: il piacere della scoperta che non è mai qualcosa di istantaneo ma un’esperienza, anche sensoriale (la cura dei dettagli scenografici connessa con una buona fotografia ne sono la testimonianza), che va colta lentamente per essere assaporata pienamente.