Tornare finalmente al cinema è una gioia già di per sé, con moltissime sale in Italia che stanno finalmente riaprendo i battenti dopo l’emergenza COVID-19 (che non è poi passata veramente, ma questa è un’altra storia…), ma tornare al cinema con un nuovo filmone dal budget che supera i 200 milioni di dollari sembra proprio il modo perfetto per riacclimatarsi alle poltrone rosse, alle luci soffuse e all’odore di pop-corn, ormai misto a quello di disinfettante per le mani. Se poi il filmone della situazione è il ritorno alla fantascienza del geniale Christopher Nolan dopo l’esperimento (riuscitissimo) dal sapore storico di Dunkirk, l’occasione sembra davvero perfetta per rituffarci al cinema con Tenet.
Avvolto nel mistero per anni, Tenet è un film che stupirà sicuramente chiunque, anche se aveste seguito tutti i trailer e le interviste che lo hanno accompagnato verso l’uscita, arrivata almeno in Italia dopo una serie di rinvii dell’ultimo minuto dovuti chiaramente al Coronavirus. Basti pensare che l’idea alla base della storia è stata concepita da Nolan in circa vent’anni. Ma qual è questa idea? Sono i viaggi nel tempo? No, si tratta di qualcosa di più complicato, anche da spiegare brevemente per questa recensione, ma ci proveremo lo stesso.
Entropia portami via
In pratica, nel mondo di Tenet esistono due tipi di elementi, con entropia (funzione di stato) inversa. Immaginate di avere nella stessa stanza un vaso su un tavolo e, di fianco, i cocci di un vaso uguale già rotto. Chiaramente, se deste un piccolo colpo al vaso sul tavolo, la legge di gravità lo porterebbe verso il pavimento e a rompersi nella stessa maniera di quello accanto; avere un’entropia contraria invece vuole dire che al passaggio del tempo ci sarà un momento in cui i cocci sul terreno invece si ricomporranno e torneranno a essere un vaso intero sul tavolo. Questo perché in pratica il vaso #2 si è rotto nel futuro e sta tornando indietro alla sua condizione di integrità che aveva in precedenza, viaggiando su un piano temporale opposto e un’entropia opposta.
Confusi? Beh essere confusi – ma anche ammaliati dalla genialità di questa idea – sarà una delle condizioni alla base dell’esperienza con Tenet, film che seguirà le vicende di quello che viene chiamato solamente “Il Protagonista”, un agente speciale che, a seguito di una missione finita male, si ritrova dall’aver rischiato la morte a invece venire a conoscenza di una misteriosa parola e società segreta, la quale scatenerà una serie di eventi e rivoluzionerà la sua vita e quella di tutti: Tenet, appunto. Nelle circa 2h30’ del film seguiremo quindi la storia dell’agente interpretato da John David Washington (figlio di Denzel ed ex giocatore di Football professionista, già visto in BlacKkKlansman), storia che presto avrà dirette ripercussioni sul destino del mondo e che lo porterà chiaramente a contatto con le già citate – e terribilmente complesse – meccaniche temporali.
Una spy story decisamente sui generis
Non volendo rivelarvi nulla o quasi su quello che accadrà a schermo, perché proprio quello che rende speciale Tenet è il suo essere meravigliosamente Nolan nel suo gestire l’inaspettato, nel nascondere dettagli sin dall’inizio del film su una trama tutto tranne che lineare e su un mondo un po’ freddo ma dannatamente interessante. Quello che possiamo dirvi è che non si tratta proprio di un esperimento di fantascienza pura come Interstellar o Inception, bensì una spy story che ci porterà in giro per il mondo, facendoci conoscere elementi che governano il pianeta da dietro le quinte, nascosti proprio dietro quel singolo palindromo che fa da titolo al film. C’è la spalla dalla battuta facile (Robert Pattinson), c’è la pulzella in pericolo (Elizabeth Debicki), c’è il cattivone (Kenneth Branagh) e l’immancabile feticcio nolaniano Michael Caine a donare un tocco di britannica classe al tutto.
Sebbene tutti questi personaggi non si possano certo definire bidimensionali e nascondano qualcosa di intrigante, è forse proprio nella loro caratterizzazione mancata che Tenet non riesce a raggiungere i fasti di buona parte delle precedenti opere di Nolan. Tenet è un film girato alla grandissima, con tanti colpi da regista consumato e con un concept come detto al limite della genialità, tanto che in molte scene i più avvezzi alla sci-fi tra di voi non riusciranno a trattenere un sorriso soddisfatto per ciò che avverrà a schermo, tuttavia qualcosa manca. Pensiamo alla trottola di Inception, alle polaroid di Memento, ai dialoghi tra Murphy e Coop in Interstellar: qualcosa del genere non si trova in Tenet. Nolan ha sempre realizzato film di grande complessità e tecnica, ma anche e soprattutto cuore e sentimenti. E sono quelli che Tenet fatica a mostrare: la stessa minaccia finale che incombe sui personaggi aleggia per tutta la durata della storia, non riuscendo mai a materializzarsi e farsi sentire in maniera concreta.
Tenet, non Inception 2
Quella che, come da tradizione Nolan dobbiamo dire, non delude minimamente è la colonna sonora, composta non dal solito Hans Zimmer (impegnato nell’attesissimo Dune di Dennis Villeneuve) questa volta, bensì dal bravissimo Ludwig Göransson (Black Panther, The Mandalorian): un trionfo di bassi e pianoforte pesantamente sintetizzati che accompagna gravemente le scorribande temporali del film e ci ha ricordato a tratti le sonorità dei MUSE.
Tenet è certamente un film da Nolan per fan di Nolan e se aveste per caso trovato i suoi lungometraggi esageratamente complessi o prolissi prima, non sarà questo film a convertirvi. Detto questo, Tenet è una fantastica ragione per tutti gli altri per tornare in sala. Un intreccio che solo il regista della trilogia di Batman può intessere, una colonna sonora fenomenale, effetti speciali al massimo che possa offrire la tecnologia oggi e una storia che solo alla seconda o terza visione potrà rivelarvi tutti i suoi misteri. Tenet forse manca dell’empatia delle altre opere di Nolan per diventare più mainstream o ambire a riconoscimenti importanti, ma per chi mastica sci-fi è una certezza. A qualunque entropia stiate vivendo.