La seconda stagione di The Deuce, la serie più osé di HBO, si è conclusa dopo nove puntate e il rinnovo per un terzo capitolo conclusivo. Le avventure di James Franco in duplice veste e Maggie Gyllenhaal hanno conosciuto interessanti e cruciali sviluppi, facendo sperare in un degno finale. George Pelacanos e David Simon sono tornati e lo hanno fatto in grande stile.
La Deuce nel 1972
Lo show riprende la scena dai favolosi anni 70. Salotti e cabine a luci rosse sono ormai una realtà radicata nel quartiere mentre le battaglie per i diritti civili e fiumi di cocaina travolgono la strada. Il buisness di Vince è cresciuto grazie alla sua alleanza con la mafia e Candy-Eileen si è affermata nell’industria del porno, smettendo i panni di attrice per vestire quelli di regista e produttrice. Mentre le spese pazze di Frank lo portano a entrare nell’ industria dell’ intrattenimento a luci rosse su pellicola, il fragile equilibrio tra imprenditori, mafia e polizia scricchiola pericolosamente, con conseguenze tragiche. La vita sulla Deuce scorre inesorabile tra guerre criminali, attivismo, e retate, segnando il destino dei protagonisti con il consueto fascino feroce e grottesco.
Porno, drama e attualità
Anche nel pieno della decade più pazza della storia la sceneggiatura di The Deuce riesce a portarsi su un piano che è insieme una narrazione storica perfetta e pretesto per riflessioni attuali. Primo fra tutti l’inevitabile problema morale della prostituzione, insoluto, se le case chiuse siano un modo per proteggere le esercenti o un mercato tutelato di schiave. Attraverso le azioni di Abby (Margarita Levieva) e Dorothy (Jamie Neumann) assistiamo allo stato embrionale di molte iniziative tornate al centro delle nostre cronache quotidiane, come la contraccezione gratuita, la trasmissione di pericolose malattie veneree e dell’HIV, le politiche inutili che portano all’arresto delle ragazze ma che non riescono a sradicare il fenomeno. Ma ci sono anche la questione razziale dei casting dei film a luci rosse e quella femminile, in un mondo di molestie sul lavoro e misoginia non troppo diverso da quello denunciato nei giorni nostri.
Questa è la Deuce
In questo spaccato di mondo pieno di vite e contraddizioni le storie continuano a fluire. The Deuce resta, come nella prima stagione, uno show corale, pieno di protagonisti e sviluppi che nonostante il numero elevato non languono a discapito del ritmo ma progrediscono in modo interessante ed intenso, anche più che nella prima stagione. La scrittura e la regia formano un perfetto connubio, che arriva a brillare grazie al cast, la scenografia perfettamente realizzata, l’accuratezza dei costumi, la colonna sonora. Ogni personaggio riesce a presentarsi con completezza e autenticità, pur affiancato da molti comprimari. I momenti di grazia dello show sono davvero tanti, alcuni delicati come quelli tra Eileen e suo figlio, altri terribili come l’omicidio passionale di Anita compiuto dall’agente Flanagan (Don Harvey). Non mancano neppure azione e commedia, soprattutto grazie a Larry (Gbenga Akkinagbe) il pappone con aspirazioni da porno attore. Insomma, di corpi, bellezza e generi ce ne sono davvero per tutti i gusti, perfettamente padroneggiati e tenuti insieme dalla fondamentale coerenza della sceneggiatura.
The Feminist Part
Al centro di snodi cruciali ci sono le donne, di cui la serie si occupa per diversi aspetti. C’è Eileen che si mette in gioco con l’aspirazione di conferire dignità artistica al proprio lavoro, finendo per sgomitare in un mondo abituato unicamente a donne attrici, di uomini che non riescono a giudicarla come professionista. Ci sono Darlene (Dominique Fishback) che vuole cambiare vita, Shay (Kim Director) schiava delle dipendenze, la tragica parabola di Dorothy e Lory (Emily Meade) stremata dal violento e dispotico C.C. (Gary Carr). Sarà infine la determinazione di Abby a combattere il degrado del quartiere a segnare un punto di non ritorno nella storia di Vince, esausto della vita impostagli dal mafioso Rudy Pipilo (Michael Rispoli). Ognuna di queste vicende costituisce il motore di un effetto farfalla che si ripercuoterà sulla vita nella Deuce.
Dentro la finzione
Quali saranno le conseguenze, e dove arriverà la battaglia dell’agente Alston (Lawrence Gilliard jr.) lo vedremo nella prossima stagione. Quel che è certo è che le svolte intraprese nell’ultimo episodio, Inside the Pretend, hanno segnato per sempre lo svolgimento della storia. Sono cadute maschere e crollate bugie, lasciando morti sul campo. E anche se per ora l’ipocrisia sociale e lo status quo sembrano aver retto, il processo di demolizione è iniziato. Cruda, sfacciata e impavida, la seconda stagione di The Deuce non ha tradito lo spirito che ha reso ottimo il suo esordio. Sensibilità e raffinatezza non mancano neanche nelle scene più indigeste ed esplicite; i nudi e atti osceni, che la serie non può certo permettersi di lesinare dato l’oggetto del racconto, sono trattati in modo naturale e disinvolto. Pur procedendo con i propri tempi, la serie merita di essere gustata fino alla fine.