Due fratelli agli antipodi e le rispettive mogli s’incontrano per una cena nel ristorante più esclusivo della città. Paul (Steve Coogan) è un ex insegnante, cinico e arrabbiato, idealista e disilluso, quello che alla cena proprio non ci vuole andare. Stan (Richard Gere) al contrario, politico navigato, affabile e diplomatico, scende dal suo elicottero scortato dall’arroganza della propria maschera, sorretta dalla perfetta moglie trofeo (Rebecca Hall), rinvigorita dalle intaccabili virtù borghesi. Ma forse anche Stan alla cena non ci voleva andare. E appare patetico ogni tentativo di fuga da parte dei presenti, che tentano invano di rimandare l’inevitabile. Perché ciascuna portata strascica fantasmi e incomprensioni, ogni pietanza svela un tassello del torbido segreto che li unisce. I rispettivi figli sono colpevoli di un efferato crimine che ha sconvolto l’opinione pubblica e la riunione è volta dunque a prendere una decisione sul da farsi. Questo è The Dinner.
Tratto dall’omonimo romanzo di Herman Koch, The Dinner indaga sulla natura dell’etica del sentimento genitoriale, tratteggiando un’umanità patetica e complessa, animata dalle interpretazioni di un cast d’eccezione, magistralmente diretto. Opera letteraria paragonata a Il Dio del massacro di Yasmina Reza, le analogie con Carnage di Roman Polanski si riducono alla scelta della trasposizione di un simile soggetto e d’impeccabili interpreti.
Oren Moverman cerca di tradurre con sensibilità il mondo interiore dei protagonisti, optando per una coralità che tende però a ritrarsi in modo discontinuo, per lasciare spazio ai troppi flashback volti a caratterizzare il personaggio di Paul, nel tentativo di decifrarne la folle inettitudine. E queste didascaliche connessioni all’alienata mente dell’ex insegnante allontanano lo spettatore da ogni empatia per l’uomo che denunciava l’ingiusta speculazione enogastronomica e che si faceva beffa delle sovrastrutture, le cui parole appaiono ora sterili lamenti. L’effetto domino è dietro l’angolo, le frasi sgozzate da viaggi a ritroso, trovano seguito attraverso il non detto, ma solo nello sguardo speculativo di un pubblico disorientato. Lo sguardo registico ci ha già abbandonato, forse per reggere il moccolo al suo protagonista.