Presentato in Italia col titolo La principessa e l’aquila, The Eagle Huntress è il documentario diretto da Otto Bell che racconta la vera storia di Aishoplain, una ragazza di 13 anni della Mongolia che decide di diventare una cacciatrice con l’aquila, un’attività fino a quel momento preclusa solo agli uomini.
Una storia da raccontare
Di certo non tutti sono a conoscenza dell’antichissima tradizione dei cacciatori con l’aquila: un cacciatore cattura e addestra un’aquila per andare a caccia, la tiene con sé per sette anni per poi liberarla nuovamente. La vita di un cacciatore è dura, deve sapersi guadagnare la fiducia del suo aquillotto, deve crescerlo e prendersene cura, inoltre deve saper cavalcare, sapersi muovere sulle montagne e affrontare il rigido freddo dell’inverno. Aishoplain è una ragazzina, ma è determinata a seguire la tradizione di famiglia, sente che è la sua strada è di fatto ha un talento naturale con l’aquila del padre il quale, notando la bravura della figlia, è anch’egli determinato ad istruirla ed appoggiarla.
Oltre alla storia della ragazza, il documentario apre una finestra su una realtà incredibilmente affascinante, il solo vedere i cacciatori in azione farebbe pensare quasi ad una storia di fantasia.
Tradizione e innovazione
La giovane protagonista vuole dunque seguire la tradizione della sua famiglia – dove l’arte della caccia con l’aquila si tramanda da generazioni – ma il semplice fatto che lei sia una ragazza è tutt’altro che tradizionale. La comunità non vede di buon occhio le ambizioni di Aishoplain ma la sua famiglia la sostiene ed è anche grazie a loro che la ragazza potrà partecipare all’annuale festival dove partecipano i migliori cacciatori.
Il film piuttosto che ribadire l’uguaglianza tra i sessi, racconta come tutto sia possibile se si è forniti di della giusta dose di costanza e determinazione. Questa è una storia che incita a non rinunciare alle proprie ambizioni perché i proprio sforzi verranno infine ripagati.
Riprese mozzafiato
La regia ha fatto un lavoro strepitoso. Grandi panoramiche che sovrastano montagne e radure, per non parlare di come vengono catturati dall’obiettivo i maestosi voli delle aquile. L’occhio del regista è stato capace di catturare i momenti salienti della caccia, come del resto tutti i movimenti più spettacolari di questi splendidi rapaci.
Un’atmosfera da fiaba
I luoghi giocano un ruolo cardine nelle riprese. L’ambientazione sembra quasi surreale. Complimenti alla fotografia, a tratti forse più cinematografica che documentaristica. Anche la colonna sonora gioca un ruolo importante, che ruota intorno alle note di Angel by the wings di Sia.
Il solo fatto che le vicende raccontate corrispondono alla realtà rende il tutto molto più interessante. Un lungometraggio affascinante, emozionante e bello da vedere.