Sono tornati Jeremy Clarkson, Richard Hammond e James May, e la cosa più sconcertante è che non stiamo parlando della reunion di un gruppo rock (visto che un paio di cognomi potrebbero quasi farlo pensare) bensì del trio megalitico che ci ha deliziati con TopGear e in seguito proprio con The Grand Tour disponibile da oggi su Amazon Prime Video. Abbiamo avuto l’opportunità di vedere in anteprima il primo episodio.
Sono tornati più in forma che mai (eccezion fatta per il buon Jeremy che sfoggia un ventre da dieta mediterranea insistita) e più arrabbiati, più cattivi, più entusiasti e più rumorosi che mai. The Grand Tour ci ha abituati ad avventure al limite dell’impossibile, ci ha mostrato luoghi e auto incredibili e adesso sta per fare il suo terzo viaggio partendo da dove tutto, in un certo senso, è cominciato: Detroit.
Da dove poteva infatti partire questa terza stagione se non dalla motor town, là dove si è fatta la storia dell’automobile nel bene e nel male. È il luogo ove Henry Ford morì e lasciò la sua eredità di inventore dell’auto moderna, dove le famosissime muscle car sfrecciavano a tutta birra su rettilinei interminabili con la licenza di fare tutto baccano che volevano. Tempi d’oro non solo per quelle auto a trazione posteriore, tutte cavalli e niente sterzo, ma anche per la città di Detroit.
The Grand Tour non è una serie riservata agli appassionati di auto e motori in generale, è anche un modo per unire due passioni: quella per le automobili e quella per i viaggi on the road. E proprio la città mericana regalerà all’occhio più attento i sentimenti più contrastanti. Oggi Detroit, come ce la mostrano Jeremy, Richard e James, non è che il fantasma di quello che un tempo fu. Da rombante città dedita alla produzione industriale di motori e veicoli di ogni sorta è passata allo status di città-fantasma, dove anche trovare un ristorante è un’impresa. I grandi parcheggi che la caratterizzavano vengono oggi trasformati in orti comuni e la sensazione, guardando le immagini, è che ci si trovi in un set hollywoodiano sulla distopica fine dell’umanità.
Di più: fra gli hotel abbandonati con affreschi che cadono giù da soffitti e la polvere vecchia di quasi cento, c’è anche il posto in cui proprio Ford produsse le sue auto in America. Lo stesso luogo dove suonò, più tardi, David Bowie è ridotto a nient’altro che un edificio pericolante colmo di polvere. Il minimo omaggio che il trio inglese può fare a un luogo del genere è un ronzio assordante di tre motori: quello della Ford Mustang RTR Spec 3, della Dodge Challenger SRT Demon e della Hennessey Exorcist Camaro. Tre bestie che sfrecciano anche nelle strade della città che un tempo partorì le loro antenate. A fare le spese di quasi tutte le gare è il povero Jeremy il quale o non ha il permesso dei proprietari per correre con la sua Exorcist oppure perde il confronto con le altre. Il Male regna sovrano.
Chi non è ancora abituato allo stile veloce di The Grand Tour non potrà far altro che correre con la mente a TopGear ma attenzione: in questa terza serie, se anche è vero che ci troviamo all’interno di un format del tutto diverso, va anche ammesso che essa offre molto di più a livello visivo e registico del vecchio programma defunto. Le cose sono state fatte in grande e stile e questo è chiaro fin dai primi fotogrammi (ammesso che non fosse bastato il trailer). Inoltre il montaggio è realizzato in modo molto documentaristico e alterna piacevolmente sezioni adrenaliniche a parti più riflessive. I tre “ragazzi” non se ne staranno soltanto seduti sui sedili dei loro bolidi ma cammineranno e osserveranno ciò che li circonda con spirito critico senza mai però lanciare giudizi, anche perché il tema di Detroit, negli Stati Uniti, è quasi un tabù.
Buona la prima quindi, e da quel che abbiamo potuto vedere riguardo le anticipazioni per il prosieguo di questa terza serie non mancherà la spettacolarità sia dei paesaggi che dei veicoli, in un crescendo di rombi di tuono, marmitte sofferenti e gomme che implorano pietà.