Dopo una pausa durata quattro lunghissimi anni, finalmente possiamo tornare a goderci il ritorno in sala di un film di Ridley Scott. Il suo nome è legato nell’immaginario collettivo alla fantascienza e al fantasy, grazie a due pietre miliari come Blade Runner e Alien, ma scorrendo la sua filmografia ci si accorge di come le pellicole ambientate nel passato abbiano sempre trovato posto nei pensieri del regista. Basti pensare al suo film d’esordio, I duellanti, o il suo primo Oscar al Miglior Film, Il Gladiatore, passando per altri film in costume come Le Crociate, Robin Hood e Exodus. Per il suo ritorno al cinema dunque, Ridley Scott ha scelto un genere a lui affine in cui sa muoversi a occhi chiusi. The Last Duel non è il suo film migliore, ma un bellissimo dramma medievale ispirato a una storia vera che racconta lo stupro di una donna da tre diversi punti di vista, in cui emerge preponderante il concetto di prospettiva.
Spade e lingue affilate
Il film comincia nel vivo dell’azione, i duellanti si stanno vestendo delle loro armature e sono pronti allo scontro, la folla impazza e Marguerite è ghiacciata sulla sua torre. La narrazione si interrompe però quasi subito in favore di un flashback. È infatti quest’ultimo l’espediente narrativo utilizzato per raccontare la storia dal punto di vista di ciascuno dei tre personaggi principali: Jean De Carrouges, combattivo cavaliere di un casato in cerca di eredi (interpretato da Matt Damon), Marguerite de Thibouville, la sua promessa sposa (Jodie Comer), e Jaques Le Gris, un suo vecchio amico (Adam Driver). Non abbiamo quindi una sola versione dei fatti ma tre appunto, tutte ben scritte e strutturate, capaci di far immedesimare lo spettatore nei moti dell’animo del personaggio narrante.
Alla grande capacità di regia di Ridley Scott nel girare scene di guerra in un contesto storico è affiancata una sceneggiatura altrettanto potente (scritto a sei mani da Matt Damon, Ben Affleck e Nicole Holofcener) che con dialoghi efficaci, precisi ed essenziali scolpisce e illumina tematiche universali del genere umano e quanto mai attuali: amicizia, onore, patriarcato, violenza.
Il consenso
Tornato da una sanguinosa campagna in Scozia, Jean scopre che il suo vecchio amico Jaques ha violentato sua moglie. La donna trova il coraggio per denunciare la cosa, e spinge suo marito a richiedere al re di Francia Carlo VI un Duello di Dio, ovvero un combattimento giudiziario in cui è la morte a decretare la verità divina.
Dalle testimonianze storiche sappiamo che questo duello è l’ultimo avvenuto nella storia Europea. Tuttavia, l’elemento cardine della vicenda, contrariamente al titolo, non è lo scontro dei duellanti ma il consenso. Marguerite vuole giustizia perché l’oltraggio nei suoi confronti è avvenuto senza il suo consenso. Ancora oggi, circa 7 secoli dopo, il mondo ospita dei Les Gris pieni di sé che compiono gesti tremendi in nome di un amore che fingono ricambiato e di donne costrette a spiegare che si può ritenere attraente un uomo senza volerne essere possedute carnalmente, che si viene violentate senza essersela cercata e che di uno stupro non si gode affatto. La potenza di The Last Duel non risiede esclusivamente nello scontro fra le spade dei due duellanti, ma nel mostrarci che per certi versi siamo ancora immersi nello sporco fango medievale.
La verità
Tutto il film tende verso la ricerca della verità, strizzando l’occhio ai bigotti (“Non nascono figli dagli stupri.”) ai negazionisti dello stupro (“Lei gode nei rapporti con suo marito?”), alle regole del patriarcato (“Stai rischiando la mia vita per salvare il tuo orgoglio.”). Purtroppo, nonostante il fatto sia storico, non abbiamo prove e, anche se le avessimo, dovremmo comunque affidarci alla versione di uno dei due. Il regista quindi sceglie e prende posizione, ribattezzando la versione della donna la verità.
E così molti anni dopo, siamo ancora tutti chiamati a ricordarci che la verità ha importanza e che non esiste solo il potere degli uomini.