Avete mai sentito parlare della regola aurea dei sequel? La regola aurea dei sequel è quella regola che prevede che ogni seguito cinematografico sia uguale al primo capitolo, ma abbia più di tutto. Pensate ai migliori sequel della storia del Cinema che vi vengono in mente, non per forza migliori dei primi capitoli. Ce n’è per tutti i gusti: azione (Terminator 2, Interceptor 2), western (Per qualche dollaro in più), horror (Aliens, Zombi), drammatici (Il Padrino – Parte II), comici (22 Jump Street), fantasy (L’Impero Colpisce Ancora), romantici (Before Sunset), animazione (Toy Story 2, Shrek 2), cinecomic (Batman Returns, Spider-Man 2), e chi più ne ha più ne metta. Tutti questi film hanno avuto successo perché i registi hanno seguito alla lettera la regola aurea dei sequel, replicando la formula vincente del primo capitolo ma mettendoci, come detto, più di tutto. E Jon Favreau, con The Mandalorian 2, ha seguito alla lettera questo dettame, quantomeno nella prima puntata dell’attesissima seconda stagione, da ieri disponibile sulla piattaforma streaming Disney+.
Più western
La seconda stagione di The Mandalorian, dopo un breve riassunto della prima (qui la nostra recensione), si apre con il protagonista, Mando (ancora interpretato da Pedro Pascal), alla ricerca di altri mandaloriani a cui chiedere aiuto per trovare i simili del Bambino della stessa specie di Yoda. L’atmosfera western della puntata permea già dal titolo dell’episodio, Lo Sceriffo, e se non foste ancora convinti, vi basterà guardare la prima inquadratura, con Mando e il Bambino che escono dall’ombra in un villaggio con graffiti anti imperiali sulle pareti delle strade.
Il destino riporta quindi Mando su Tatooine dove, nella cittadina di Mos Pelgo, è stato avvistato un altro mandaloriano. Mos Pelgo è una città assediata da anni da un Drago Krayt, un enorme mostro che si muove sotto le sabbie e dentro le rocce del pianeta.
La struttura narrativa dell’episodio è la medesima di quelli della prima stagione, con Mando che arriva su un pianeta, conosce un personaggio secondario (che per quello stesso episodio diventa la sua spalla), lo aiuta collaborando con lui per uno scopo comune, e se ne va. Una formula vincente e per questo replicata. La forza di The Mandalorian è anche questa: avere una struttura solida e che, per il momento, non ha stancato affatto, grazie anche a dei personaggi secondari sempre ben caratterizzati. Lo sceriffo locale Cobb Vanth (interpretato da Timothy Olyphant) perde il confronto diretto con quelli più riusciti come Kuiil (I’ve Spoken) e Cara, ma è perfettamente funzionale alla trama, al western (il duello tra pistoleri al bar) e al fan service.
Più fan service
Se c’è una cosa di cui The Mandalorian vive, è il fan service. E non ha mai fatto nulla per nasconderlo. Seguendo la regola aurea dei sequel (come il primo, ma di più), Favreau ha farcito il primo episodio di riferimenti cari ai fan di Star Wars. L’ingresso in scena dello sceriffo che indossa l’armatura da mandaloriano appartenuta a Boba Fett, in questo senso, è da manuale. Ma non è tutto. Perché nel corso dell’episodio sono stati messi qua e là tanti riferimenti alla vecchia saga ideata da George Lucas, come il mezzo di trasporto dello sceriffo (ricavato dagli sgusci de La Minaccia Fantasma) e il gran finale (ma su questo ci arriviamo più avanti).
Più effetti speciali
Quando Mando scopre che Vanth non è un mandaloriano, chiede allo sceriffo di consegnargli l’armatura come il Codice Mandaloriano prevede. Dopo il rifiuto iniziale, Vanth promette a Mando di consegnargli quanto richiesto in cambio del suo aiuto per uccidere il Drago Krayt. Senza fare spoiler sull’esito della battaglia, è più interessante soffermarsi su altri due aspetti. Il primo è come si arriva alla battaglia, il secondo è la battaglia. Ma andiamo con ordine.
Mando accetta l’offerta dello sceriffo, e mentre si dirigono alla tana del Drago incontrano dei predoni tusken anche loro interessati ad uccidere il Drago Krayt. Lo sceriffo è diffidente nei loro confronti, ma grazie alla mediazione di Mando, accetta di collaborare con i predoni. Dopo un primo tentativo di scovare il Drago, consapevoli che i soli Tusken non saranno sufficienti, Mando e Vanth chiedono aiuto agli abitanti di Mos Pelgo. Anche loro mostrano estrema diffidenza nei confronti dei Tusken, ma accettano di aiutarli in cambio di un accordo di convivenza pacifica. L’unione fa la forza e il superamento dei pregiudizi verso chi è diverso da noi sono messaggi forse banali e già visti, ma che è sempre bene ribadire visto quanto ancora accade nel 2020.
Per quanto riguarda la battaglia finale non c’è molto da dire, se non che probabilmente gli effetti speciali di questo episodio sono costati come tutti quelli della prima stagione messi assieme.
Più colpi di scena
Il colpo ad effetto in chiusura del primo episodio della prima stagione è unico e probabilmente irripetibile. Ma quello della seconda stagione è una freccia scoccata dritta dritta verso il cuore dei fan di lunga data. Uno dei personaggi più iconici della trilogia originale, per il quale i fan chiedevano a gran voce una serie dedicata, appare al tramonto e avrà con ogni probabilità un ruolo cruciale nei prossimi episodi: what else?