The Post di Steven Spielberg è il brillante racconto dei retroscena della pubblicazione dei Pentagon Papers, la descrizine di un momento storico segnato da cambiamenti epocali all’alba dello scandalo del Watergate, di cui ci sentiamo partecipi grazie alla superba interpretazione di Meryl Streep e Tom Hanks.
Un regista visionario, un cast eccezionale e una storia realmente accaduta. Questi sono già di per se presupposti incredibili per un film di altissimo livello. Se poi aggiungiamo che il film tratta tutti i temi scottanti di quest’ultimo periodo, la lotta di genere, il diritto alla libertà di stampa, l’abuso del potere politico, non può che venirne fuori un capolavoro. E in effetti The Post non delude affatto le attese.
La vicenda è quella dei Pentagon Papers, una relazione Top-Secret di 7.000 pagine stilata dall’allora segretario della Difesa, Robert McNamara, riguardante la guerra del Vietman. A trafugare quelle pagine fu un analista militare, Daniel Ellsberg, che nella speranza di fare il bene dei soldati, fornì una copia dei documenti al giornalista Neil Sheehan, del New York Times. Una parte dei file venne pubblicata quindi dal Times il 13 giugno 1971, ma solo due giorni dopo l’amministrazione Nixon chiese alla Corte Federale di bloccare la pubblicazione dei documenti.
Ed è proprio in questo attimo decisivo che si inserisce la storia di The Post.
Katherine “Kay” Graham (Meryl Streep) e Ben Bradlee (Tom Hanks), rispettivamente l’editrice e il direttore del The Washington Post si vedono porre davanti una decisione di dimensioni epocali: abbassare la testa o lottare contro le istituzioni per garantire la libertà di informazione e di stampa, pur correndo il rischio di perdere tutto, compresa la propria libertà individuale.
The Post: Quando la Storia e la vita collidono
The Post non è un biopic su Katherine Graham, ma il racconto di una relazione che cambia con l’evolversi dei tempi. Segue lo spostamento di equilibri nel rapporto tra la Graham e Bradlee, in contemporanea alla trasformazione della Graham da donna titubante, crucciata dall’idea di essere inadatta di fronte ad un mondo governato da soli uomini, a leader convinta, responsabile delle proprie decisioni e consapevole delle proprie capacità.
Perchè la Katherine di Spielberg è prima di tutto una donna del suo tempo, l’erede di un impero editoriale che non si è ancora resa conto che il suo desiderio di tenere in vita il giornale del padre non può più convivere con le sue attività di vita mondana assieme ai maggiori esponenti politi.
Cosa fare quindi quando si deve scegliere tra la propria credibilità professionale, e l’amicizia personale?
E questo il dubbio a cui Meryl Streep deve dare volto, e lo fà in modo estremamente toccante durante l’incontro tra la protagonista e l’ex Segretario della Difesa, Robert McNamara (Bruce Greenwood), che raggiunge il culmine nel momento in cui lei afferma “Non sono qui per il tuo permesso, sono qui per un tuo consiglio.”.
Lo stesso si può dire per il Ben Bradlee di Tom Hanks, che da cacciatore spietato di notizie diventa un uomo che lotta per far emergere la verità, pronto all’inizio a sfruttare l’amicizia di Katherine con noti uomini politici per ottenere uno scoop, per poi rendersi conto del perchè la donna non sia in grado di fornirgli quello che vuole. Questo suo cambiamento di prospettiva si rende evidente nell’emozionante racconto dell’assassinio di J.F. Kennedy, specie nel momento in cui, ricordando come Jaqueline Kennedy gli avesse chiesto di mantenere la loro conversazione in ospedale confidenziale, dice con voce spezzata di essersi reso conto solo in quel momento di non aver mai considerato Kennedy come un fonte, ma sempre e solo come un amico.
Anche se in alcuni momenti il film rischia di sembrare un po’ lento, con il senno di poi è facile comprendere come ogni scena sia in realtà un tassello fondamentale alla creazione di personaggi estremamente raffinati e complessi, ricchi di sfaccettature, di insicurezze e di punti di forza, che Meryl Streep e Tom Hanks ritraggono con un efficacia magistrale.
Il ritmo della storia, che a partire dalla scena iniziale nella giungla del Vietnam alterna momenti di tensione a momenti all’apparenza molto lenti, si fà mano a mano più conciso ed incalzante, di pari passo con l’avvicinamento di vedute dei due personaggi principali, facendo di The Post un potente thriller politico.
The Post: il ruolo della stampa nella salvaguardia della verità
Sono moltissimi i temi che il film affronta in prima persona: il ruolo delle donne, l’etica della professone giornalistica, la poca trasparenza delle azioni dei gradi uomini politici. Ma uno in particolare si erge nettamente al di sopra di tutti gli altri.
The Post tocca infatti un tema molto importante per l’attrice stessa, quello della libertà di stampa, che Meryl Streep aveva già evidenziato nel suo discorso di ringraziamento ai Golden Globe 2017.
Oltre al riferimento alla volontà dei Padri Fondatori, presente nel discorso della Streep come nella sentenza della Corte Suprema che annullava l’ingiunzione contro il Times e il Post nel 1971, il personaggio di Ben Bradlee pronuncia una frase d’effetto, per sottolinere il dovere della stampa di garantire l’affidabilità e la trasparenza dell’azione dei leader poltici, che sembra ripresa anch’essa dall’appassionante intervento dell’attrice:
“If we don’t held them accountable, who will?”