The Quake – Il Terremoto del Secolo non arriva al cinema come un fulmine a ciel sereno, bensì da sequel diretto della sorpresa The Wave del 2015 (diretto da quel Roar Uthaug che abbiamo poi conosciuto con Tomb Raider), film che trovate in catalogo su Amazon Prime Video nel caso foste curiosi. The Wave colpì davvero il pubblico dell’epoca, tanto da venire anche candidato dalla Norvegia per le nominations all’Oscar al miglior film straniero di quell’anno, qualcosa che difficilmente succederà con The Quake – Il Terremoto del Secolo, atteso nei cinema italiani per l’8 agosto.
Diciamo difficilmente perché, seppur mantenendosi un prodotto godibile, il film ha perso una gran parte del suo effetto novità e mostra le sue lacune in pieno perdendosi questa volta in una marea (anzi, facciamo un’onda) di cliché del genere disaster movie e occupando davvero tantissimo tempo – troppo – prima di entrare nel vivo della faccenda, facendoci aspettare per più di un’ora il solo discreto pay-off di questo terremoto devastante sulla città di Oslo.
Oslo come Los Angeles
Ambientato temporalmente solo tre mesi dopo la tragedia del Geiranger Fjord, The Quake ci vede subito riacclimatarci con il geologo Kristian (Kristoffer Jorner), passato in pochi mesi da eroe nazionale dopo le sue gesta nel disastro a padre depresso e solo, rimasto a guardia del fiordo quando la sua famiglia si è trasferita a Oslo. La tragedia ha lasciato strascichi importanti sul suo carattere e salute mentale e nemmeno la visita della figlioletta (ce ne scusi la bambina, ma non riusciamo a non toglierci dalla testa la sua somiglianza con Giacomo di Aldo, Giovanni e Giacomo, ndr) riesce a penetrare un cuore segnato dalle disavventure. Nonostante la sua vita sentimentale vada a rotoli, Kristian non riesce a smettere di pensare alle cause dello tsunami che ha colpito il suo paese e una serie di avvenimenti bizzarri e anomalie lo porteranno a prevedere un evento ancora più devastante: un terremoto che minaccia la capitale norvegese.
È nelle sue fasi iniziali, quelle in cui veniamo a conoscenza del dramma di Kirstian e della sua famiglia nonostante il loro miracoloso salvataggio nel film precedente, che The Quake mostra le sue doti migliori, grazie anche a un cast molto espressivo e a un avvicinamento al disastro con i piedi per terra e credibile, dato sicuramente da esigenze di budget ma anche da scelte narrative di regista e sceneggiatori, i quali palesemente hanno voluto distanziarsi dall’approccio americano stile Bay e Emmerich molto sensazionalista.
Si poteva osare di più
La scelta è quella giusta, per un film che ha certamente sapore europeo e più introspettivo, ma che viene frustrato da una prolissità eccessiva nella parte di avvicinamento all’evento catastrofico, nella quale si ripercorrono tutti i passaggi visti nel genere dai tempi de Lo Squalo, The Day After Tomorrow o di 2012. Si ripete infatti la classica formula: “scienziato in disgrazia scopre qualcosa – nessuno gli crede – la cosa si verifica – scienziato riguadagna l’onore – salva tutti”. E se ci si può aspettare questo da produzioni multimilionarie che alla fine basano tutto su robusti effetti speciali in grado di solluccherare i più amanti della computer grafica tra i cinefili (chi vi scrive può tranquillamente ritrovarsi in questo gruppo, anche dopo la recensione di Godzilla II, ndr), da un film europeo che vuole invece provare qualcosa di nuovo e più profondo, The Quake qui delude un poco.
Tutto ciò anche considerando la brevità della parte di “azione” e come anch’essa si abbandoni a classiche scene già viste e riduca praticamente tutte le vicende all’interno di un hotel ridotto non si sa come alla forma di un tetramino a L di Tetris, mentre il resto della città viene raso al suolo senza soluzione di continuità, in attesa di un finale lieto solo fino a un certo punto.
Difficilmente The Quake – Il Terremoto del Secolo, anche per sua appartenenza a uno dei sotto-generi più caciaroni del cinema, è stato prodotto per lasciarci qualcosa di più di circa due ore di intrattenimento estivo, ma viste le sue origini e le premesse, speravamo in un approccio più originale e pungente alla narrazione, considerando che la parte spettacolare e di effetti speciali si trova chiaramente a dover fare i conti con i limiti del produrre un film di questo tipo al di fuori di Hollywood e dei suoi budget milionari.