Il pubblico di oggi ne ha fin sopra i capelli dei supereroi. Sono ovunque: al cinema con la Marvel e la DC, nei videogiochi e in TV. The Umbrella Academy, la serie originale Netflix tratta dalle omonime graphic novel scritte da Gerard Way e disegnate da Gabriel Bà, ha l’inequivocabile merito di raccontare le vicissitudini di quelli che non sono i soliti “esseri straordinari” cui siamo abituati. Nonostante siano molti i topoi del genere supereroistico presenti nella serie, il suo stile e i suoi protagonisti fuori dagli schemi sono bastati a renderla un cult istantaneo a pochi giorni dalla messa in streaming.
Roba da pazzi
Il primo ottobre 1989 quarantatré donne sparse in diverse parti del mondo partoriscono a mezzogiorno. Nulla di strano, se non fosse che nessuna di loro era incinta quando si era svegliata quella mattina. Un eccentrico miliardario, Reginald Hargreeves, si offre di acquistare tutti i quarantatré neonati ricevendo sette risposte positive.
Ognuno dei sette bambini adottati sviluppa crescendo un potere particolare: il numero uno, Luther (Tom Hopper), ha una forza prodigiosa; il numero due, Diego (David Castañeda), riesce a virare la traiettoria di qualsiasi oggetto lanci; la numero tre, Allison (Emmy Raver-Lapman), può far fare quello che vuole a chiunque si rivolga con l’incipit “I heard a rumor…” (ho sentito una voce); il numero quattro, Klaus (Robert Sheehan), può comunicare con i morti; Cinque, ovviamente il numero cinque (Aidan Gallagher), può teletrasportarsi nello spazio; il numero sei, Ben (Justin H. Min), ha enormi tentacoli che può tirar fuori dal suo corpo a piacimento. Soltanto la numero sette, Vanya (Ellen Page), non ha mai mostrato alcun potere ed è rimasta nascosta all’interno dell’accademia senza potersi unire in missione ai suoi fratelli.
Poteri e psicofarmaci
Non è una novità che da grandi poteri derivino grandi responsabilità, ma per i ragazzi della Umbrella Academy questo concetto è fin troppo chiaro. Da sempre sotto i riflettori e sotto lo sguardo gelido del padre adottivo, che li cresce come piccoli militari, i ragazzi sono protetti solo da Grace (Jordan Claire Robbins), l’androide mamma creato da Hargreeves, e Pogo, lo scimpanzé super intelligente governante della tenuta. I ragazzi Umbrella crescono sventando malefatte e affiancandosi nei numerosi momenti difficili della loro giovane vita.
La morte atroce di Ben e la scomparsa di Cinque durante un avventato salto nel tempo sono le più difficili tra le perdite che il gruppo deve affrontare. Nessuna sorpresa che molti anni dopo lo scioglimento del gruppo la notizia della morte del padre tiranno Reginald non li sconvolga più di tanto.
Apocalipse now?
Sono passati più di dieci anni dalla fine della loro carriera supereroistica e ognuno dei cinque rimasti è andato per la sua strada: Allison è una star del cinema, Diego fa il custode in una palestra di boxe e interviene nelle indagini della polizia, Klaus si barcamena con difficoltà fra una dose e l’altra, Vanya è violinista in un’orchestra e non ha alcun contatto con la famiglia da quando ha scritto un’autobiografia in cui ha rivelato la sua tremenda infanzia come numero sette dell’Umbrella Academy. Solo Luther rimane alle dipendenze del padre, che lo aveva inviato per quattro anni in una misteriosa missione sulla Luna.
Il giorno del funerale di Hargreeves Cinque ricompare misteriosamente dinanzi ai fratelli con quarant’anni di più sulle spalle (nel tempo da cui proviene sono passati molti più anni), lo stesso aspetto del giorno in cui è sparito e una notizia sconvolgente: il mondo finirà tra nove giorni e non ha idea di come fare per impedirlo. Alle sue calcagna due misteriosi sicari: Hazel (Cameron Britton) e Cha Cha (Mary jane Blidge).
Questione di stile
La serie ha delle premesse esaltanti e tre ottime puntate finali che rendono più digeribile il rallentamento del ritmo verso la metà. Menzione speciale al piccolo Aidan Gallagher (di soli quindici anni, età in cui uno dei maggiori traguardi di chi scrive era stato battere a fatica la lega Pokémon) che interpreta Cinque, un sessantenne nel corpo di un tredicenne, bisbetico, saccente e adorabile, e a Robert Sheehan, che dopo Nathan di Misfits torna a interpretare un outsider come Klaus, divertentissimo e fragile.
Realizzata in uno stile che sembra un incrocio tra quello di Tim Burton e di Guy Ritchie, in The Umbrella Academy coesistono ironia, violenza e suspence. L’elemento fondamentale e uno dei più originali della storia è proprio il senso di disprezzo dei protagonisti verso le loro capacità straordinarie e la loro dolorosa infanzia. Merito sicuramente dei fumetti, editi in Italia da Bao Publishing, da cui la serie è tratta, scritti da Gerard Way (il cantante indimenticabile dei My Chemical Romance) e disegnati da Gabriel Bà.
Non può piovere per sempre (o sì?)
The Umbrella Academy promette di diventare la serie di culto di questa stagione Netflix: solo il tempo potrà dirlo. Ha sicuramente tutti gli elementi per esserlo: protagonisti carismatici, colpi di scena e uno stile fortemente riconoscibile. E un finale troppo aperto per lasciare gli spettatori a bocca asciutta.
Tra viaggi nel tempo, drammi familiari, combattimenti e misteri da risolvere, The Umbrella Academy, nonostante una prima stagione ricchissima di eventi e rivelazioni, ha ancora moltissimi segreti da svelare.