La prima puntata di questa attesissima settima stagione non ha deluso per niente le aspettative dei fan, che hanno potuto vedere finalmente un episodio degno di una serie horror e splatter come si è sempre presentata The Walking Dead, dopo il generale appiattimento della stagione precedente (leggi qui). L’entusiasmo, però, dura poco e il secondo episodio ci riporta inesorabilmente dentro le mura di qualche cittadella ricostruita dove tutto sembra perfetto ed edenico come già visto in altre occasioni.
Il regno di re Ezekiel
L’intero episodio è incentrato su Carol (Melissa McBride) e Morgan (Lennie James), che avevamo lasciato alle prese con uno dei salvatori e assieme a due uomini in armatura e a cavallo. Questi ultimi si offrono di aiutarli (Carol era stata gravemente ferita da uno degli uomini di Negan) e decidono di accompagnare i due all’interno della propria comunità: il regno. La donna viene medicata e assistita da Morgan finché non si riprende e le inizia a raccontare un po’ del posto dove si trovano. Più tardi Carol viene condotta in un teatro dove incontrerà per la prima volta il re di questo luogo, Ezekiel (Khary Payton), con la sua tigre Shiva al guinzaglio. La donna non sembra particolarmente colpita da tutto questo, anzi come suo solito finge di essere ciò che non è, ossia una donna cortese e gentile con tutti stupita di quello che vede. Morgan, che oramai la conosce bene, non crede alle sue scenette e cerca di convincerla delle buone intenzioni di Ezekiel nel costruire la cittadella, ma Carol considera tutto questo come qualcosa di fittizio e di surreale, un circo. Medita subito di andare via non appena si sia rimessa completamente.
Nel frattempo, Morgan segue il re e alcuni suoi uomini fuori le mura, venendo a conoscenza di alcuni segreti che Ezekiel tiene nascosti alla sua gente. Infatti, anche la sua comunità, come quella di Jesus, è costretta a pagare dei tributi agli uomini di Negan per non subirne le violente conseguenze. In entrambe il prezzo è il cibo; se in quella di Hilltop sono grandi quantità di frutta e verdura, nel regno, invece, è la carne. In particolare, Morgan assiste al pagamento di otto maiali, nutriti con le carni dei vaganti di cui presumibilmente i salvatori non sanno nulla. Oltre, a dover custodire questo segreto, Ezekiel gli affida il compito di addestrare Benjamin (Logan Miller), un giovane ragazzo, accanito lettore, a cui tiene molto.
Intanto, Carol si rimette in sesto e furtivamente si prepara per lasciare quel posto per lei assurdo. Ezekiel, però, la scopre e sembra che i suoi piani vadano in fumo. In realtà, l’uomo non vuole convincerla a rimanere a ogni costo, vuole sinceramente aiutarla perché è tutto ciò che riesce a farlo stare bene con sé stesso. Le racconta la sua vita prima dell’arrivo dei vaganti, di aver lavorato in uno zoo, di aver medicato la grave ferita della tigre Shiva, di aver costruito il regno con l’intento di esagerare con il bene per compensare il male al di là dalle mura. Non è un pazzo visionario, ma solo un uomo che cerca di riportare un po’ di equilibrio in questo mondo “dimenticato da Dio”. Carol lo ascolta senza recitare alcuna parte, mostrandosi per quella che è diventata. Decide comunque di lasciare quel posto e di stabilirsi in una casetta che aveva visto quando Morgan e i due uomini di Ezekiel a cavallo la traevano in salvo. Qui, mentre è intenta ad accendere un fuoco dentro il camino, il re con il suo fedele felino le bussa alla porta e le offre una bellissima mela rossa, come per dire che con lei non si arrende e che sa che un giorno accetterà il suo aiuto. Carol, all’inizio un po’ irritata, finisce con il sorridergli.
Equilibri da ristabilire
In questi primi due episodi sono stati messi in campo dagli autori due personaggi contrapposti: Negan, il male esagerato, ed Ezekiel, il bene esagerato. L’intento è quello di portare agli estremi due concetti etici, quello di malvagità pura e di bontà o eroismo, in un contesto generale dove i due confini sono tremendamente labili, dove molte persone sono ancora confuse e spaventate da quello che sono costrette a fare per sopravvivere. Sicuramente il personaggio di Carol si rispecchia molto in questa categoria di persone. La donna fragile succube di un marito violento e madre di una figlia non esiste più, al suo posto ce n’è un’altra, una spietata assassina se necessario, una combattente pronta a fare qualsiasi cosa – anche sacrificare i più deboli – per proteggere il suo branco (infatti, non sempre nel corso della serie le sue scelte sono state condivise dai suoi compagni). Ora, però, il peso di questa vita inizia a farsi sentire sempre di più e l’unica soluzione apparentemente possibile per lei è fuggire, vivere (per quanto nel mondo di The Walking Dead possa ancora essere possibile farlo) lontana e isolata dagli altri. In fondo, indietro non si può tornare, ora la vita è questa, fatta di sopravvivenza e di uccisioni perché solo il più forte potrà rivedere l’alba del domani. Non esiste pace o redenzione ma solo la paura di non risvegliarsi o, peggio, di farlo come un vagante.
Forse, però, non tutto è perduto. Molti respirano ancora e lottano per poter continuare a farlo, sperano che un giorno le cose possano migliorare, per loro ma in particolare per coloro che amano, senza le quali forse faticherebbero ad andare avanti. Finché l’uomo continuerà ad amare e sperare non si può dire che non ci sia più la vita. Questo è ciò che re Ezekiel vorrebbe far capire a Carol, che si può ancora fare molto per chi come loro è oppresso dalla paura. Basta imparare a sentire nuovamente quei sentimenti di tenerezza e affetto da troppo tempo dimenticati, ad apprezzare le piccole cose, i piccoli gesti come la semplice offerta di una mela. Solo così si può continuare a vivere questa vita nella quale i veri mostri continuano ad essere sempre di più i vivi. Ezekiel è sempre più convinto di questo e sa per certo che anche Carol se ne convincerà prima o poi.