La serie più discussa dell’anno è giunta alla fine con due puntate molto intense. I dieci appuntamenti con The Young Pope delle ultime settimane sono stati una sorta di viaggio spirituale dei vari personaggi, in primis ovviamente quello di Lenny Belardo, il giovane pontefice, personificazione delle contraddizioni. Dispotico, arrogante, vanitoso, fin troppo schietto, promuoveva una Chiesa oscurantista, inaccessibile, basata su ideali retrogradi come l’esclusione degli omosessuali e la condanna dell’aborto, e portando così l’istituzione cristiana verso un declino precipitoso. Il suo viaggio in Africa però cambia le carte in tavola, qui riusciamo a scoprire l’umanità di Lenny che si rivela davanti agli occhi della povertà, con un inno alla pace. Da una chiusura siamo passati ad un’apertura della Chiesa e di Lenny stesso che matura e si dimostra umano e compassionevole, caratteristiche che pensavamo non possedesse.
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Anche nella penultima puntata c’è un cambio di prospettiva perché la storia si trasferisce a New York dove viene presa in esame da vicino l’indagine del cardinale Gutierrez sul caso Kurtwell, arcivescovo accusato di pedofilia. La puntata americana di The Young Pope dà un altro respiro a questo finale, sia il viaggio in Africa che in America ci hanno fatto capire che il cambio di scenario è una cosa che fa bene alla serie altrimenti troppo claustrofobica per la sua chiusura ermetica tra le mura vaticane. Questo nuovo contesto è degradante, tra pedofilia e alcolismo i temi trattati sono molto forti, ma tutto poi viene addolcito con la pubblicazione delle lettere d’amore mai spedite, scritte da Lenny alla sua prima e unica ragazza. Lettere d’amore e sull’amore mai conosciuto da Pio XIII per via dell’abbandono dei genitori ma vagamente vissuto attraverso quella ragazza un po’ bruttina di tanti anni fa.
L’ultimo episodio è stato quello risolutivo e ricco di trasformazioni. Per diventare uomo Lenny è costretto, volente o nolente, a lasciare i suoi affetti più vicini: l’addio al suo più grande amico Andrew, la morte del padre spirituale Spencer e l’allontanamento di suor Mary, mandata in Africa da Lenny stesso, che taglia così definitivamente il cordone ombelicale che lo teneva legato a colei che gli ha fatto da madre e consigliera per tutto questo tempo. Le evoluzioni arrivano anche per Gutierrez, nominato segretario personale di Pio XIII, che ha ormai superato le sue paure e con coraggio ha affrontato il caso di pedofilia, il suo problema di alcolismo e il suo coming out con il Papa. Poco presente è invece Il segretario di Stato Voiello, che rimane comunque una delle figure più colorite e amate della serie.
Ora Lenny è solo, ma è cresciuto e sembra aver trovato un equilibrio e una stabilità. Siamo partiti da un Papa che diceva di non essere mai stato un bambino ma che ora sta cercando quell’infanzia perduta diventando allo stesso tempo un uomo. Decide quindi finalmente di apparire pubblicamente a Venezia, la città che più lo ha ossessionato, con un discorso ispirato alla Beata Juana. Come aveva sperato lì, in piazza San Marco, trova i suoi genitori tra la folla, ma inaspettatamente arriva il loro secondo rifiuto. I due hippie si allontanano dal figlio, di nuovo, e Lenny crolla a terra preso da un presumibile attacco di cuore. La stagione si chiude con un finale aperto, che ci ricollegherà alla seconda stagione già messa in conto da Sorrentino.
Arrivati alla fine ci rendiamo conto si essere stati spettatori di una serie che parla d’amore attraverso gli occhi di Lenny Belardo, un giovane papa orfano, che non ha mai conosciuto l’affetto dei genitori ma solo il loro rifiuto e questa mancanza lo ha fatto dubitare dell’amore di Dio portandolo ad una crisi di fede. Lenny, interpretato da un ammirevole Jude Law, nel corso della serie ha tramutato il suo istinto di vendetta per il torto subito in una specie di rassegnazione e di maturità che gli ha fatto capire di esser circondato dall’amore di altre persone.
The Young Pope è stata una serie mastodontica scritta e diretta dall’italiano Paolo Sorrentino, regista visionario e a tratti ultraterreno, rappresentativo del cinema italiano con la vittoria dell’Oscar per La grande bellezza. Questo è il primo esperimento seriale del regista che in realtà non si è piegato molto ai normali schemi delle serie tv, anzi si può dire abbia fatto un film di dieci ore, e le parole The End alla fine del decimo episodio ne sono una conferma. È difficile fare un maratona della serie visto lo spessore di ogni episodio, che non gioca tanto sulla trama progressiva e dinamica ma bensì su altri elementi come la fotografia, i dialoghi e i personaggi. The Young Pope non è una serie sulla Chiesa, sul Papa, sui vescovi, sui preti e le suore, ma è una serie sugli uomini e le loro debolezze, le loro passioni, le loro paure e i loro declini. Sorrentino ha rappresentato le molte sfaccettature dell’umanità dominata dalle contraddizioni, scegliendo un contesto dove queste contraddizioni potessero essere ancora più lampanti e più estreme. Visto il lavoro di proporzioni epiche, i tempi di attesa per la seconda stagione molto probabilmente saranno lunghi, ma tirando le somme di questa prima stagione, possiamo dire che è stata sicuramente una serie di alto livello, probabilmente più adatta alla visione per chi già conosceva e apprezzava il lavoro di Sorrentino, ma fruibile comunque da tutti. La qualità della realizzazione e la profondità dei temi trattati hanno lasciato spazio alle riflessioni e senza dubbio si merita la nomina a serie più controversa dell’anno.