Il Marvel Cinematic Universe ha portato una nuova idea di cinema, una vera e propria serializzazione della Settima Arte, che con Thor: Ragnarok tocca probabilmente il suo apice. Il film si discosta in maniera totale dai due precedenti, perdendo totalmente l’identità che (con tutti i difetti del caso) li caratterizzava, per allinearsi in modo totale ai canoni imposti dalla Casa delle Idee. Questo terzo capitolo della saga del Dio del Tuono abbandona i toni cupi di Thor e The Dark World per abbracciare le tinte decisamente più colorate, divertenti e spensierate che hanno reso vincente il franchise degli Avengers.
Diretto dal regista neozelandese Taika Waititi, Thor: Ragnarok mostra ai fan Marvel che fine hanno fatto i due grandi assenti di Civil War dopo i fatti di Sokovia in Age of Ultron. Chris Hemsworth torna a vestire i panni del Dio del Tuono che, senza il suo martello ed imprigionato dall’altro lato dell’Universo, è alle prese con una lotta contro il tempo per tornare ad Asgard e bloccare Ragnarok, la distruzione del suo pianeta e la fine della civiltà asgardiana. Insieme a suo fratello Loki (Tom Hiddleston) e Hulk (Mark Ruffalo) dovrà fronteggiare anche un’altra potente minaccia, Hela, interpretata dalla splendida Cate Blanchett. Una trama semplice che offre agli amanti del genere quello che vogliono vedere (mazzate e risate), ma che inciampa più volte su sé stessa nel voler mettere troppa carne al fuoco.
Il film mira – senza troppi giri di parole – al modello vincente portato dai Guardiani della Galassia, perdendo però di vista il punto fondamentale. A rendere grande il film di James Gunn non sono certamente stati i colori sgargianti, i personaggi caricaturali o la musica vintage, bensì l’aver messo i personaggi davanti all’azione. Un esempio emblematico è il rapporto tra Bruce Banner e Hulk, che nonostante rappresenti un’occasione incredibile per lo sviluppo introspettivo del personaggio, viene trattato con estrema leggerezza al solo fine di strappare una risata.
Thor: Ragnarok è un film tutto azione e divertimento, che non riesce però ad andare oltre a questo. Cambiare pelle in maniera così radicale ad una saga che aveva una chiara impronta, per renderla coerente e conforme a qualcosa che somiglia sempre più ad un format, ha fatto perdere di vista quel segno indelebile che nel bene o nel male porta un film ad essere ricordato anche dopo una prima visione: l’autorialità, un fattore sempre più raro nei lungometraggi targati Marvel Studios.
I Vendicatori sono talmente iconici e ben introdotti al grande pubblico che non possono più fare passi falsi. Forse però è arrivato il momento di chiedersi cosa valgano davvero questi film presi singolarmente, al netto dei personaggi.