Shonda, che intenzioni hai?
Come suggerito dal titolo, questa puntata di How to get Away with Murder, è stata interamente dedicata a Frank e, dei cinque episodi a cui abbiamo assistito sino a ora, questo è probabilmente la peggiore.
Una puntata in cui si cerca di ricapitolare le stagioni precedenti e dove i fantasmi del passato tornano a galla, un po’ grazie all’alcol e un po’ grazie ai sensi di colpa che non hanno mai abbandonato i nostri protagonisti. Peccato che la puntata sia stata sviluppata talmente male, da lasciare lo spettatore ancora più confuso riguardo la vita di Frank.
Gli appassionati di How to get Away with Murder aspettavano questa puntata da ben tre anni e la delusione è dilagata velocemente tra tutte quelle persone che sono state disilluse dall’incostanza del passato di Frank.
Ricapitoliamo: Frank aveva accennato al fatto di essere stato in prigione e di aver commesso crimini ancora peggiori dell’omicidio; tutti gli spettatori si sarebbero aspettati chissà quale mistero si celasse dietro quello sguardo da bello e dannato; “che cosa avrà mai combinato Frank Delfino?”, “Cosa può esserci peggiore dell’omicidio?”. I viaggi mentali sono stati all’ordine del giorno dopo quelle confuse rivelazioni da parte del nostro sicario preferito. Abbiamo smesso di viaggiare.
La puntata dello scorso giovedì, ha cercato di focalizzare l’attenzione sul passato di Frank, mostrando un Sam (a volte ritornano), intento a tirare fuori di galera un giovane confuso che si autodefinisce “sociopatico”. La tensione si alza velocemente durante la puntata, i fan trattengono il respiro aspettando con ansia quella rivelazione che finalmente darà una risposta a tutte quelle domande che si sono posti.
Scopriamo, finalmente, che all’età di tredici anni, il giovane Frank ha tentato di uccidere il proprio padre. Afferma, durante la confessione, di aver premeditato l’omicidio per settimane prima di trovare il momento ideale per entrare in azione. Sappiamo tutti che alla fine, il padre di Frank non è morto, ma adesso sappiamo il motivo per cui si trovi su una sedia a rotelle.
Ok, un po’ psicopatico lo era, ma è lecito chiedersi perché lo avrebbe fatto? Quale trauma gli avrà mai causato il padre da spingerlo a commettere un atto così grave?
Ecco, nessuno.
Frank si autodefinisce un sociopatico eppure piange mentre racconta di come abbia tentato di uccidere il proprio padre. Non dà giustificazioni, non dà motivazioni. Piange e basta. Scopriamo quindi che il sicario di Annalise è andato in prigione all’età di tredici anni; nonostante potesse ottenere la condizionale, decide di commettere una serie di violazioni e reati per farsi spedire in prigione. Successivamente, quando Sam lo andrà a trovare per cercare di tirarlo fuori, non mostrerà fin da subito la volontà a collaborare.
Nel frattempo la trama principale continua a intrecciarsi (l’abbiamo trovata!), districarla, questa volta, sarà difficile, ma non impossibile.
In molti possono già farsi un’idea di chi sia l’uomo morto nell’incendio (certo, a meno che non appaia un nuovo personaggio all’improvviso, pronto per essere sacrificato e speriamo vivamente di no). Nelle tre settimane prima si scopre chi sia l’autore dei volantini che avevano messo a rischio la reputazione di Annalise, mentre l’avvocatessa continua ad avere seri problemi di alcolismo.
Ma il dramma non finisce qui; in molti si sono detti: “No, Bonnie e Frank, no!”. Ecco, il sentimento è comune. Cosa voleva dimostrare Shonda Rhimes con una scena del genere? Ve lo diciamo noi. Anzi, lo supponiamo noi.
Bonnie e Frank rappresentano i due opposti che si uniscono, si compensano. Bonnie ha vissuto un’infanzia traviata dal padre. Frank ha “traviato” il padre durante la propria infanzia. Bonnie è una vittima, Frank è un colpevole. Ma Bonnie è forte, Frank è debole. Entrambi vorrebbero scappare da una vita che non hanno mai desiderato, ma entrambi sono intrappolati. Uno dai sensi di colpa, l’altra dalla devozione. Il centro di questo circolo vizioso è Annalise.
Sembra ovvio a questo punto che, alla fine di tutto, Frank dovrà per forza di cose ritornare da Annalise, il cerchio deve chiudersi e si chiuderà come solo Shonda sa fare: con il disastro.
Speriamo solo che nelle prossime puntate venga detto qualcosa di più sui motivi che hanno spinto il piccolo Frank ad agire in quel modo. Non possiamo credere che egli sia soltanto un sociopatico, perché come disse giustamente Sam: “i sociopatici non piangono per i crimini che hanno commesso”. Dev’esserci qualcosa di più, c’è sempre qualcosa di più.