Per il suo quarto episodio (qui trovate la recensione della puntata 3, nel caso ve la foste persa), The Hour and the Day, True Detective scende nei sobborghi, tra le case e i luoghi in cui si svolge la vita della provincia, nelle pieghe di una società spaccata. Cosa si nasconde dietro l’ammonimento biblico che dà il titolo alla puntata?
Uomo nero, bambini bianchi
Nel 1980 Wayne e Roland scorrono la lista dei sospettati in cerca dell’uomo nero e orbo che potrebbe aver portato via Julie Purcell. Un prete dalle abitudini fotografiche discutibili, una vecchietta che confeziona le bambole di paglia e un cassiere portano i detective dritti da Sam Whitehead, scatenando una rivolta di quartiere in cui il razzismo conosce il proprio rovescio della medaglia. Le ostilità tra neri e bianchi, la diffidenza verso le forze dell’ordine che cercano un colpevole da dare in pasto all’opinione pubblica e la scarsa attenzione dei media per la comunità afroamericana lasciano Wayne in mezzo alle barricate, tra il fuoco incrociato. Un uomo di colore che porta un distintivo, un ibrido disprezzato da entrambe le fazioni, il personaggio di Mahershala Ali si colloca sulla linea di confine di questo scorcio di storia, e offre il pretesto per raccontare l’America del passato quanto quella del presente. Tema, questo, molto caro ai registi dissidenti dell’era di Trump, (come dimostrano i film candidati agli Oscar BlacKkKlansman e Green Book), a cui Pizzolatto pare volersi associare. Ma il fascino delle indagini ha la meglio.
Good Times And Bad Times
La linea temporale dominante in The Hour and the Day infatti è proprio il 1980, in cui il ritmo serrato delle indagini si interrompe solo per lasciare spazio al (lungo) primo appuntamento grondante di sottintesi di Wayne e Amelia. L’incontro si pone in grande contrasto con la crisi che li coinvolgerà dieci anni dopo ma rende chiaro come il caso Purcell non rappresenti solo l’occasione della nascita della relazione tra i due, ma vi si sia costantemente sovrapposto, legandola a sé nel proprio destino di irresoluzione. Il gelo degli anni Novanta coinvolge anche i rapporti in precedenza fedeli ai cliché tra Wayne e Roland, ormai influente membro della polizia. Il 2015 infatti rivela che i partner si sono da lungo tempo persi di vista e dimostra quanto Pizzolatto sappia stimolare la curiosità del pubblico, riuscendo a evitare la rischiosa e confortevole trappola di riproporre il duo Cohle- Hart in salsa brillante. Abilità che si traduce nell’irruzione di un plotone di Viet Cong pronti a sparare sull’avvistamento di Julie nei filmati di sorveglianza del 1990 regalandoci una scena di grande impatto, che porta dritta al prossimo dubbio: in che momento si trova la macchina di fronte la casa di Wayne? Nel presente o in un altro ricordo? La tela è tesa e purtroppo, o per fortuna, ci intrappola.
The Hour and the Day
Il toccante monologo di Lucy (la figlia d’arte Mamie Gummer) forse può conferire un primo significato ai versi del Vangelo a cui la puntata fa riferimento. La donna allarga lo squarcio aperto negli scorsi episodi su una famiglia triste, priva d’amore, che potrebbe aver contribuito a far sì che i bambini si affidassero ai loro rapitori e assassini. La stessa foto dei resti dello zio mostrata al vecchio Wayne da Elisa potrebbe restringere il cerchio intorno alla famiglia Purcell e alle sue immediate vicinanze, mentre gli occhi di tutti i benpensanti sono voltati altrove fino a scatenare l’esplosivo cliff-hanger. Il mondo di Lucy Purcell è finito mentre lei non guardava e lo stesso potrebbe essere accaduto a Wayne. Vegliate, dunque, perché non conoscete né il giorno né l’ora suona come un sinistro adagio rivolto alla fine che coglie di sorpresa. Nel puro stile True Detective che ci ha conquistati.