Continuano le peripezie per Dale Cooper nei panni di Dougie Jones, nel sesto episodio del revival di Twin Peaks, l’agente speciale vaga ancora in uno stato di catatonia trasportato dagli eventi senza dare il minimo cenno di ripresa. Lynch rimarca sempre di più questo stato mentale proprio per dare peso ai 26 interminabili anni che hanno intrappolato Dale nella Loggia Nera lontano dalla realtà, le sequenze a lui riservate sono molto lunghe e lente, dandoci qua e là qualche indizio rivelatore. Ma la vera forza della natura che scuote la scena dal “torpore” è Naomi Watts, moglie di Dougie, protagonista dei monologhi più sensazionali della puntata come quello rivolto ai due strozzini.
Un’altra figura femminile importante si affaccia finalmente nello show, e non è altri che Diana la segretaria dell’agente Cooper, un personaggio di vecchia data al quale non è mai stato dato un volto e che finalmente entra in scena interpretata da Laura Dern, una delle attrici feticcio di Lynch sin dai tempi di Cuore selvaggio, Velluto Blu e Inland Empire. La grande attrice, uscita da poco da un’esperienza tutta al femminile con la fortunata miniserie Big Little Lies, fa il suo ingresso teatrale annunciata dall’agente Albert (Miguel Ferrer). Vista la memoria sensoriale che sembra avere Dale forse sarà proprio lei a ridestare il bel addormentato da questo stato di sonnambulismo.
Nelle battute finali della puntata l’atmosfera si fa più brutale e inquietante e questo a causa di due nuovi personaggi. Il primo è Richard Horne che dopo un umiliante incontro con Red, adirato, e deviato dalle droghe investe e uccide un bambino in mezzo alla strada sotto gli occhi sconvolti della mamma. Sul luogo accorre anche Carl che vede l’anima del bambino volare via dal corpo verso i cavi elettrici. Uno dei tanti piccoli segnali di una storia molto più grande che ancora ci sfugge. Il secondo indemoniato è il nano con il punteruolo, un killer su commissione che ha come obiettivi Lorraine e Dougie. La prima incontra il suo fatale destino morendo sotto i colpi violenti di un punteruolo, e questa scena finale dai toni splatter chiude con orrore la puntata che sembra inizialmente un po’ soporifera.
Lo stile narrativo di Lynch si fa sempre più prepotente puntata dopo puntata, si vede la totale libertà che Showtime ha concesso allo sceneggiatore, e tutto ciò rende la sesta puntata di Twin Peaks molto lenta e allo stesso tempo criptica come sempre. Arrivati a questo punto iniziamo a sentire sempre di più la mancanza del nostro beniamino Cooper desiderosi di rivederlo tornare in sé, calato nell’azione e pronto a divorare caffè e torta di ciliegie. Tra fogli nascosti nella porta di un bagno, urla dall’oltremondo che ci dicono di non morire e percezioni extrasensoriali vaghiamo ancora nel buio cercando di collegare il collegabile per farci un’idea di questo pazzo mondo che è Twin Peaks.