Anche in questa dodicesima puntata Lynch ci parla con il suo linguaggio, che spazia da sequenze surreali, oscure, oniriche ma molto spesso anche lente. Arrivati a questo punto, il regista non intende ancora tirare le somme di nessuna delle tante storie portate avanti; Twin Peaks non è per chi brama i cliffhanger finali o i colpi di scena, ma è fatto per un pubblico più paziente che verrà ripagato (si spera) solo in seguito.
Mentre nella puntata precedente si era dato spazio ai personaggi con sequenze sicuramente più esaustive e ricche di elementi scenici, qui si torna alla narrazione frammentata e lenta. Si alternano quindi sequenze che sembrano interminabili ad altre invece fulminee. Impassibili e a tratti divertiti assistiamo ai giochi di sguardi tra Albert e Gordon, o quando i due uomini dell’FBI seguono i capricci vanitosi di un’accompagnatrice promiscua, o ancora ai deliri psicotici di Sarah Palmer. Per poi passare a secondi fugaci con Dougie Jones che “gioca” a baseball con il figlio, o la vista di Miriam sul letto d’ospedale.
Ma la sequenza più lunga viene dedicata, a maggior ragione, ad uno dei personaggi più attesi ed amati della serie, Audrey Horne. La donna fa il suo ingresso con la grinta che l’ha sempre distinta mentre discute animatamente con suo marito. Veniamo subito messi al corrente dei problemi di Audrey, che cerca un certo Bill scomparso, ma come al solito non ci viene fornita nessuna risposta sul dove, quando, chi, perché. Sappiamo solo che è successo qualcosa di preoccupante ma non sappiamo cosa. Insomma un’altra pedina viene, anzi ritorna, sulla scacchiera di Twin Peaks, pronta anche lei a mettere altra carne sul fuoco dello show… Speriamo solo non si bruci tutto!
Principalmente in questo episodio vengono seguiti i due filoni narrativi che riguardano le indagine dello sceriffo Truman e Hawk e il caso Blu Rose dell’FBI. Nel primo caso si ritorna a Twin Peaks dove Sarah Palmer soffre di disturbi che manifesta in una spesa al supermercato alquanto movimentata. Qualcosa di strano sta succedendo alla donna, d’altronde anche nella serie del ’91 era preda di allucinazione legate al malefico Bob.
Invece Gordon e Albert arruolano un nuovo membro nella task force che lavora la caso Blue Rose, Tammy, un caso che è costato due agenti all’FBI tra cui Dale Cooper. Ancora lontani da Twin Peaks sembra che si avvicineranno a breve all’enigmatica cittadina grazie a Diane, sempre più ambigua, che però ha decifrato le coordinate sul braccio di Ruth Davenport.
Anche tra i fan più appassionati del regista, la domanda sorge spontanea: per quanto saremo in grado di resistere ancora alla lentezza narrativa di Twin Peaks? Diventa sempre più chiaro che il progetto non rientra nei canoni seriali, ma questo è un bene o è un male? Probabilmente lo scopriremo solo alla fine delle diciotto puntate.