Dimenticate tutto ciò a cui Edgar Wright vi ha abituato con la sua impeccabile filmografia, in cui il regista britannico ha plasmato ogni genere cinematografico col suo modo di fare cinema satirico e geniale. Con Ultima Notte a Soho, presentato in anteprima alla 78ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, Wright ha abbandonato la comfort zone e firmato un vero e proprio film di genere, entrando quindi in una fase nuova e più matura della sua carriera.
C’era una volta a… Soho
Eloise (Thomasin McKenzie) sogna di diventare una stilista ed è appassionata dalla Swinging London. Quando si trasferisce a Londra per studiare in una prestigiosa scuola di moda, la ragazza scopre di avere una misteriosa connessione con una cantante dell’epoca, Sandy (Anya Taylor-Joy), attraverso la quale riesce a viaggiare negli anni Sessanta. Non sarà scritta una parola di più sulla trama, accogliendo la richiesta del regista che, con un post sul proprio profilo Instagram, ha richiesto di non divulgare alcun dettaglio della storia per non rovinare la sorpresa agli spettatori.
Poco male, perché il fulcro del discorso non è tanto dove il film va a finire a livello di trama, con un mistero risolvibile facilmente da chi ha masticato per anni questo genere, ma dove il film va a pungere a livello di sottotesto. In Ultima Notte a Soho non è importante identificare la forma, ma la sostanza.
Il Cinema di Wright
Giunto al suo settimo lungometraggio, Wright si è distinto negli anni per essere uno dei migliori registi emergenti da un punto di vista di mera tecnica cinematografica, girando con una sicurezza e una maestria fuori dal comune, facendo apparire semplici anche delle sequenze veramente complesse. Il tutto districandosi sempre in un genere cinematografico diverso: dall’horror (Shaun of the Dead) al musical (Baby Driver), passando per il poliziesco (Hot Fuzz), il fantascientifico (La Fine del Mondo) e il cinecomic (Scott Pilgrim vs. the World).
Ma se i lavori precedenti di Edgar Wright erano immediatamente riconoscibili dalla prima sequenza grazie alla parodia di genere che li caratterizzava, con Ultima Notte a Soho, il regista britannico cambia completamente registro, firmando un thriller psicologico con sfumature horror curato in ogni minimo dettaglio. Dalla ricerca sul colore all’inserimento dei brani musicali che accompagnano la messa in scena, fondendo perfettamente sonoro e immagine (come ci aveva già dimostrato di saper fare con Baby Driver). Non si era mai visto un Edgar Wright così attento alla cura dell’immagine e all’impianto estetico.
Wright è un cineasta con una cultura cinematografica sconfinata e lo dimostra il fatto che, durante la visione del film, si riescano a percepire tutte le fonti di ispirazione che ha avuto per Ultima Notte a Soho a partire da tanto, tantissimo cinema italiano. Sono intensi i richiami ai grandi classici del passato di Mario Bava per l’uso espressionistico del colore e l’accuratezza delle scenografie, o di Dario Argento per le atmosfere horror e gli affascinanti effetti cromatici che caratterizzano la fotografia.
Tecnicamente, il film è girato in maniera ineccepibile e ciò che impressiona maggiormente è la scelta delle inquadrature. Il focus sul tema del doppio, permette a Wright di giocare con la cinepresa regalandoci delle vere e proprie perle registiche, come la scena del ballo (in omaggio alla celebre sequenza di Pulp Fiction).
Un incubo al neon
La costruzione del film corre su binari abbastanza convenzionali e si regge su due attrici, due personaggi femminili, che in qualche modo si completano a vicenda dialogando per mezzo di sogni, sospiri e sensazioni. La prima parte di Ultima Notte a Soho, misteriosa e affascinante, risulta a conti fatti migliore della seconda, quando i toni si incupiscono e il film si chiude in maniera meno imprevedibile di quanto si potesse immaginare e sperare.
Ma non bisogna commettere l’errore di guardare il dito che indica la Luna, e non limitarsi dunque a giudicare il film esclusivamente per l’atto conclusivo che si riduce sostanzialmente allo svelamento del mistero. Ultima Notte a Soho è un film molto più intenso e profondo di quanto si possa immaginare, che non potrà non scatenare dibattiti sulla nostra società alla fine della visione.