In prossimità del Natale non poteva mancare l’uscita nelle sale del classico film per famiglie. E storicamente i migliori film per famiglie hanno come protagonista un adorabile animale da compagnia. Come venerabili esempi del genere ci insegnano (Beethoven, Senti chi parla ora e, uno su tutti, il capostipite FBI Operazione gatto) questo genere di prodotto può essere non solo di qualità, ma anche molto amato tanto dai bambini ma quanto dagli adulti.
Una vita da gatto purtroppo, non ha niente a cui spartire con questi nobili antenati.
Felinità incompresa
Il soggetto del film parte da una premessa fondamentale: il protagonista, l’imprenditore di successo Tom Brand (Kevin Spacey), è un mascalzone che non ha rispetto per il prossimo (soprattutto se il prossimo è un suo familiare) e odia i gatti.
Tutte le persone che gli orbitano intorno sembrano mal tollerarlo eccetto la figlioletta che, nonostante veda il padre in rarissime occasioni, lo idolatra.
Dopo l’ennesimo anno in cui si scorda del compleanno della bambina, sotto minaccia della bella e giovane moglie (Jennifer Garner), Tom si rassegna e decide di regalare il micio tanto desiderato dalla piccola.
Questa decisione cambierà la sua vita. Per l’acquisto infatti Tom si ritrova in uno strano negozio per gatti, dove uno strano (ma già visto in un ruolo simile in Cambia la tua vita con un click) Christopher Walken gli affida Mr. Fuzzypants, un adorabile gatto a pelo lungo dagli occhi blu.
Un a dir poco rocambolesco incidente causato da un fulmine in cima al grattacielo che Tom sta facendo costruire gareggiando in altezza con un suo rivale a Chicago, fa in modo che l’uomo cada in coma e si risvegli magicamente nel corpo del suddetto gatto.
Agli occhi di tutti Tom Brand è in un letto di ospedale in coma e questo fa in modo che improvvisamente egli diventi il padre più amato del secolo.
Nonostante tutti i gesti di amore che avvengono sotto i suoi occhi, solo il ricatto del gestore del negozio per gatti “Se vuoi tornare ne tuo corpo vedi di essere un bravo gatto” convinceranno il felino Tom a comportarsi bene con la propria famiglia, almeno nei panni di gatto. Passarci del tempo gli farà riscoprire la gioia di essere padre e umano.
Al di là del fatto che la trama è poco credibile e incoerente (e non perché ha come protagonista un gatto/uomo), ci si aspetta che l’avventura vissuta per mezzo del gatto porti il protagonista a ricredersi sul conto dei felini, che ci sia una nobilitazione del genere, o almeno un’accettazione. E invece no, nemmeno un accenno di gratitudine, come se un gatto possa portare letizia e gioia in una famiglia solo a patto che al suo interno nasconda un umano.
Un cast (e non solo) sprecato
La pellicola vanta le personalità e le doti attoriali di Kevin Spacey, Christopher Walken e Jennifer Garner. Nessuna delle loro interpretazioni basta però a risollevare le sorti di un film che vanta più difetti che pregi. Buona comunque la scelta della controparte felina di Spacey, la cui espressività si abbina alla perfezione al doppiaggio cinico dell’attore. E diciamocelo, Mr. Fuzzypants è un gatto adorabile.
Anche la regia lascia perplessi. Sì perché la pellicola è girata da Barry Sonnenfeld, padre di commedie eccezionalmente riuscite come la trilogia di Men in Black e il dittico de La Famiglia Addams.
Animazioni da cani
E se anche si decidesse di passare sopra a una trama del tutto inconsistente e a una sceneggiatura che riesce a rovinare le poche battute divertenti con altre talmente brutte da rimangiarsi il sorriso fatto poco prima, a dare il definitivo colpo di grazia sono le animazioni in computer grafica del gatto. Considerando che esistono moltissimi film i cui protagonisti animali non hanno bisogno di spiccare il volo per andarsi a spiaccicare contro una parete ogni volta che fanno un salto per emergere, viene da chiedersi perché ci sia tutto questo bisogno di ricorrere ad effetti che tanto speciali non sono così spesso. Il risultato risulta grottesco.
Le scene più gradevoli rimangono quelle che si soffermano sul un primo piano “naturale” di Mr Fuzzypants, che, come già detto, vanta un’espressività da divo senza bisogno di ritocchi tecnologici tanto maldestri.
Bisogna comunque ammettere che mentre gli adulti in sala probabilmente hanno passato i 90 minuti di visione a chiedersi “Ma perché?” e “Ma i gatti non cadevano sempre in piedi?”, i bambini sembrano essersi divertiti molto, scompisciandosi spesso e volentieri dalle risate. Quindi, in definitva, un totale buco nell’acqua questo film sembra non averlo fatto.