Ancora shockati dal finale di Gomorra 3? Leonardo Fasoli, story editor della serie insieme a Stefano Bises, Roberto Saviano, Maddalena Ravagli e Ludovica Rampoldi ha recentemente raccontato a Repubblica le ragioni del finale ed in generale l’intento con cui la squadra si approccia al racconto: “Non guardare in faccia a nessuno e non pensare a ciò che piacerebbe al pubblico”.
Attenzione, seguiranno spoiler anche sulle ultime puntate di Gomorra 3.
“Abbiamo fatto un patto narrativo: non guardare in faccia a nessuno. Raccontiamo una guerra, non ci si può sentire al sicuro.”
Riguardo alla morte di Ciro l’Immortale: “Che dire allora di Attilio, che era protagonista insieme a Ciro e lo abbiamo fatto morire subito nella prima stagione, o di donna Imma, un personaggio importante che tutti amavano e che la logica di quando costruisci una serie consiglierebbe di tenere in vita. È una scelta narrativa.”
E ancora.
“È la storia di una guerra permanente dove nessuno è mai sicuro di poter sopravvivere, anche se nell’ambito dei clan sei una figura di rilievo, o se apparentemente sei un ‘vincitore’. Non puoi mai sapere se il tuo boss ti manda a morire per una stupidaggine, non sai se puoi fidarti del tuo migliore amico perché la caratteristica delle situazioni di guerra è proprio l’assoluta incertezza. Ed è quella che noi vogliamo trasmettere. È connaturata al mondo che andiamo a raccontare. I personaggi muoiono in tanti modi diversi, noi dobbiamo avere il coraggio di tirare dritti, non dobbiamo forzare i fatti solo per fare contento il pubblico. Un racconto così costruito lascia aperta la vicenda a qualsiasi accadimento, mentre al contrario se ci sono personaggi che tu non tocchi mai, alla fine sai chi è che vince e chi è che perde. Qui, fino all’ultima puntata nessuno sapeva esattamente cosa sarebbe accaduto. Una cosa del genere può accadere a chiunque, fra i personaggi, e questo rende il racconto più avvincente. Certo, paghi un prezzo, ma lo avevamo già messo in conto quando avevamo fatto morire Conte, che era un bellissimo personaggio, o Imma. Nel portare avanti quelle logiche nel tirarle all’estremo è come se i personaggi si autodistruggessero. Ciro un po’ se lo aspetta, da tempo è condannato. Anche se, dopo il suo ritorno, ha cercato una sorta di riscatto fuori da quelle logiche. Ma per lui non c’è più spazio, né all’interno di quel mondo né fuori, perché non gli è rimasto niente. Una elle cose più terribili che mi hanno raccontato è che nei clan la dinamica del potere è talmente schiacciante che se vuoi sopravvivere è possibile che debba morire tuo fratello. Anche su questo si basa il nostro ‘patto’ con il pubblico e con la narrazione: no a logiche conservative nel rispetto della verità.”
Diversa la situazione fra Patrizia, interpretata da Cristiana Dell’Anna, e Scianèl, interpretata daCristina Donadio.
“In quel caso avevamo un sottocapo e un capo e, intorno, la pressione delle guerre e delle alleanze che cambiano. Per le due donne è forta la tentazione di mettersi una contro l’altra perché chi prevale sarà molto ambito dai clan. Patrizia poteva scegliere: essere fedele a Scianèl e diventare un suo gregario o essere più forte. La uccide perché nella sua ricerca di un ‘posto’ è determinata mentre Scianèl tende a sottovalutarla. Così facendo siamo riusciti a far compiere al personaggio di Patrizia un arco narrativo: da quella che controvoglia è stata costretta a occuparsi di Don Pietro latitante a una donna trasformata. Quando uccide Scianèl è un’altra persona, quel mondo l’ha divorata, è diventata feroce. Quello stesso arco narrativo, Scianèl l’aveva compiuto: era già una guerriera, torna sul campo sentendosi una regina, crede di essere invicibile e invece, per superbia, sbaglia”.
L’autore ha poi parlato degli sviluppi possibili nella quarta stagione.
“Per ogni stagione abbiamo avuto l’impressione che il lavoro da fare per mantenere o conquistare il pubblico fosse tanto. L’impostazione sarà sempre la stessa: andare dritti con la storia, senza lasciarci condizionare da quello che piacerebbe al pubblico. Di lutti gravi ne abbiamo avuti tanti e ogni volta abbiamo avuto la sensazione che avremmo perso un pezzo di quelli che ci seguivano. Abbiamo ricreato altre situazioni, e ha funzionato”.
Infine Fasoli risponde a coloro che non credono alla morte di Ciro Di Marzio.
“No, noi non facciamo quei trucchi tipici delle serie molto lunghe, dove ci sono personaggi che muoiono e poi rispuntano. Semmai lo dichiariamo subito, com’è stato per Genny che si pensava morto e invece venne inquadrata la mano che si muoveva. Forse in futuro potremmo pensare a una serie in cui mettiamo insieme Gomorra e The Walking Dead e vedere che cosa succede all’inferno, quando tutti i morti si ritrovano insieme…”.