In occasione del giubileo d’oro della regina, avviene l’incontro speciale tra Vittoria (una Judi Dench il cui ruolo di sovrana le è stato in passato cucito e stirato addosso) e Abdul Karim (Ali Fazal), un servitore di origini indiane il cui contatto visivo riesce a incantar la monarca con l’inatteso e inappropriato esotismo dell’ignoto.
Ed inappropriato si sa è ciò che ignoto per una monarchia (quella inglese), che Dio salvi la regina se non si resta aggrappati alle formalità.
Ma non questa sovrana che di certo è la più longeva e che, rea di uno scandalo che va oltre la storia, fa da pretesto per una storia vera. Per lo più.
Il “quasi” la fa da padrone, per Stephen Frears che ironizza e tutela, elevando la fiction basata su fatti realmente accaduti sulle vette di un’estetica simmetrica che ammalia lo spettatore sin dalle prime inquadrature.
Lo sguardo registico si spinge a diegetizzare gli anacronismi, permettendo allo spettatore di godere dei lussuosi costumi e della spettacolare scenografia che si accorda magistralmente con una fotografia in grado di esaltare gli ambienti.
E come novello regnante, attratto dal bello, il pubblico viene ben presto sedotto dai contenuti di dialoghi votati alla spontaneità, insita in questo rapporto speciale, di certo inadeguato, che si beffa della forma, formulandone una nuova.
L’esterofilia di Vittoria è certo oltraggiosa, come l’onestà dei quesiti dei bimbi, come la curiosità.
Un oltraggio che la corte non è in grado di accettare, che il sistema incancrenito non ha la prontezza di inglobare.
E qui, in un contesto dove non vi è differenza di ruoli tra due prigionieri, arriva Abdul che da “Munshi” offre il suo insegnamento. Siamo qui per servire.
E proprio al culmine della delicata sensibilità sopraggiunge di prepotenza l’inevitabile: arriva il reale.
La vacua promessa del “quasi” abbandona la patina di una ben romanzata storia, per presiedere la cattedra della supponente Storia Moderna.
La regina Vittoria morì il 22 gennaio 1901 (si può notare il picco della salma, ndr), in seguito a un regno durato 63 anni, 7 mesi e 2 giorni.
I registri con le corrispondenze tra Abdul e la monarca furono in seguito completamente distrutti.
Il “Munshi” sopravvisse alla regina per otto anni, morendo nella sua residenza di Arda, in India, nel 1909.
Basato su fatti realmente accaduti, l’opera di Frears promette una fiaba che realizza solo in parte, diluendo in modo sapiente interessanti tematiche trattate con estrema sensibilità, per precipitare in un dramma finale morbosamente nozionistico.