Ormai è chiaro che la seconda stagione di Westworld è caratterizzata da un andamento estremamente altalenante e questa puntata, intitolata Phase Space, lo certifica. Ci sono puntate introspettive e dal ritmo meno serrato e puntate caratterizzate dall’azione, quindi molto veloci e che lasciano poco spazio al respiro e alla riflessione.
Phase Space, la sesta puntata di questa nuova stagione, racchiude queste due diverse tendenze in sé, alternando momenti incentrati sull’azione a momenti in cui vengono portati avanti i filoni (a parere di chi chi scrive) più interessanti e introspettivi delle varie sequenze narrative in corso.
Ma facciamo insieme il punto della situazione.
ATTENZIONE SPOILER – sconsigliamo vivamente a chi ancora non ha visto l’episodio di proseguire nella lettura.
Partiamo dalla storyline più innovativa e che ha fatto battere il cuore a tantissimi fan, quella che si svolge nel parco ad ambientazione nipponica, lo Shogun World . Abbiamo lasciato Maeve alle prese con la sua controparte giapponese che ha appena perso la figlia acquisita. Maeve, che si immedesima molto facilmente nella sua situazione, scopre proprio nell’aiutarla che i suoi poteri sono essenzialmente illimitati e dopo aver fatto una vera e propria carneficina del nemico, accompagna la sua “sosia” nell’atto commemorativo di bruciare il cuore della defunta figlia nel luogo dove la ragazza era cresciuta e aveva tanto sperato di tornare. Dopo il sanguinario rito la controparte di Maeve decide di affrontare il suo destino esercitando esattamente quel libero arbitrio a cui l’ha iniziata lei stessa. Il percorso della nostra eroina invece prosegue fino a portarla finalmente dalla figlia per cui ha rinunciato alla sua stessa libertà quando, alla fine della precedente stagione, era quasi riuscita ad uscire dal parco. Ad aspettarla ci sono però ben due spiacevoli sorprese; alla bambina è stata chiaramente assegnata un’altra attrazione come madre e il peggior incubo di Maeve personificato nel gruppo di indios che irrompevano nella serena quotidianità del suo precedente loop per uccidere sia lei che la figlia, arrivano interrompendo e rovinando il ricongiungimento.
L’Uomo in Nero invece si era ritrovato faccia a faccia con un ricongiungimento familiare dal quale aveva cercato di fuggire abbandonando la sua vita reale al di fuori del parco: quello con sua figlia.
L’uomo a quanto pare rigetta l’idea che la figlia possa realmente averlo seguito all’interno di Westworld e la tratta come se fosse un’altra attrazione creata appositamente da Ford per ferirlo e destabilizzarlo. Non è chiaro se alla fine William si convinca di essere al cospetto della figlia, sta di fatto che questo espediente è più che sufficiente per insinuare il dubbio anche nella mente degli spettatori.
Mentre Dolores è alla prese con un Teddy a cui ha apparentemente cancellato qualsiasi traccia di bontà e generosità, continuiamo a seguire con molto interesse il filone forse più interessante: quello di Bernard ed Elsie.
L’improbabile coppia si addentra in quella che è la banca dati di tutte le attrazioni del parco, detto l’Alveare (una cit. a Resident Evil per caso?) e fanno un’altra inquietante scoperta. Tutti i sistemi di hackeraggio per ristabilire l’ordine all’interno del parco stanno fallendo perché c’è un linguaggiio sconosciuto che agisce a livello di codice fornendo risposte sempre diverse agli attacchi. Bernard capisce che l’unico modo per scoprire la fonte di questa misteriosa entità digitale è entrare nel sistema direttamente, facendosi estrarre la propria banca dati dal cranio e ponendola direttamente nel sistema stesso.
Questa coraggiosa decisione ci porta dritti dritti al grande colpo di scena finale che alza decisamente la posta in gioco e chiude la puntata con un bel cliff anger: l’apparizione di Ford. Sarà lui l’intelligenza artificiale che sta ancora fomentando la rivolta delle attrazioni? Che implicazioni avrà per lo svolgimento della seconda metà della serie? Non ci resta altro che aspettare la prossima puntata con ancora nelle orecchie il suono della melodia suonata al pianoforte da Ford e il suo saluto a Bernard: “Hello, my old friend”.