Quando le emozioni, il comportamento o le nozioni sono in conflitto tra loro, l’individuo prova disagio e cerca di eliminare le contraddizioni. Stimolato da input esterni, contrastanti con le sue convinzioni, l’individuo avrà come unica soluzione quella di cambiare comportamento o cambiare se stesso.
Questo è quello che secondo Leòn Festinger è la dissonanza cognitiva. E’ su questa teoria che gli ambiziosi sceneggiatori di Westworld (Jonathan Nolan e Lisa Joy) hanno costruito la complessa dinamica di elaborazione cognitiva dei loro robot ed in particolare la quarta puntata, Dissonance Theory.
Ripartiamo dal dolce viso di Dolores (Evan Rachel Wood) che durante uno dei colloqui con Bernard viene stimolata da quest’ultimo a perseguire una nuova strada. Mette fine al suo loop e, insieme al sentimentale William e al suo cinico compagno Logan, abbandona la sicura e familiare città di Sweetwater. Non si può parlare di una vera e propria presa di coscienza in questo caso perché è chiaro che la mano che spinge Dolores fuori dalla sua routine è quella di Bernard che, trascinato dall’empatia che prova per l’androide, le dà un nuovo input. Di conseguenza la ragazza cambia comportamento, non è più la ragazza indifesa da salvare, ma vuole e sa difendersi. Acquista sicurezza ma allo stesso tempo è alla ricerca della nuova Dolores e questo non sa ancora dove la porterà.
Confusione e disorientamento regnano nella mente robotica di Maeve che sembra ricordare più del dovuto. Non sa quello che le sta accadendo ma sa che c’è qualcosa dietro che sta scardinando le sue certezze.
Dopo l’assenza nella puntata precedente ricompare l’Uomo in Nero (Ed Harris) che insieme al criminale Lawrence continua la sua partita solitaria alla ricerca del misterioso labirinto. Con lui entra in scena anche un nuovo personaggio Hector Escaton (Rodrigo Santoro), altro fuorilegge westworldiano di cui ancora sappiamo poco.
Ai piani alti invece il Dr. Ford (Anthony Hopkins), munito di caterpillar giganteschi, sembra aver dato inizio al suo progetto segreto che sconvolgerà l’intero sistema del parco a tema, innescando le paure del dipartimento di sicurezza. Su una cosa non c’è dubbio, a Westworld è lui che comanda ed è lui che decide, nessuno potrà intralciare i suoi piani. Cosa avrà in mente il machiavellico direttore creativo?
Tutti alla ricerca di qualcosa o di qualcuno, chi cerca la libertà, chi un feroce fuorilegge, chi un labirinto misterioso, chi attua nuovi progetti… ma in realtà sembrano essere tutti diretti verso la stessa meta. Quello a cui, consapevolmente o non, aspirano è il point break, il confine sottilissimo che separa robot e macchina e congiunge i due mondi ribaltando la realtà. Fin dove ci porterà Westworld? Fin dove si spingerà in questa sua indagine sociologica e ontologica?